Autore: Vera Martinez

Approfondimento

APPROFONDIMENTO | Le parole proibite dal fascismo, quando il cocktail divenne la “bevanda arlecchina”

Estate Italiana, anni ’30.

«È una bella domenica di luglio, avete preso il torpedone* e siete arrivati al mare. Per il pranzo, niente di meglio che una bella insalata tricolore da gustare sotto l’ombrellone mentre un vostro caro amico, arrivato dall’Argentina per le vacanze, vi racconta com’è bella la vita nella capitale, Buonaria. Per cena avete prenotato in quel posto carino in cima alla scogliera, per ammirare un tuttochesivede* mozzafiato, e da bere vi gustate quella bevanda arlecchina* estiva che vi da un po’ alla testa, non siete abituati a bere àlcole! Dopo cena tutti alla sala da danzare, speriamo che passino in radio qualche pezzo di quel trombettista famoso, come si chiama? Ah si, Luigi Braccioforte!».

Vi sentite confusi? Oggi è comprensibile, ma per gli italiani del ventennio fascista era assolutamente normale utilizzare questi termini, ovvero l’italianizzazione delle parole straniere, assolutamente proibite dal fascismo a partire dal 1923.

tabella italianizzazione
Una lista con alcune delle parole proibite e italianizzate durante il ventennio fascista. In questa tabella mancano i termini *torpedone (autobus) *tuttochesivede (panorama) e *bevanda arlecchina, qui tradotta con polibibita.
La comunità slovena subì per prima il fenomeno dell’Italianizzazione

Nel 1923, tre anni dopo il Trattato di Rapallo (che ridisegnò i confini dell’Italia nord-orientale annettendo Gorizia, Trieste, Pola e Zara), il regime fascista intraprese una politica di italianizzazione forzata nei confronti della comunità slovena. Politica che, successivamente, fu estesa a tutto lo stivale.

Con la legge n. 2185 del 1/10/1923, fu abolito l’insegnamento della lingua slovena nelle scuole. Non solo, parlare una lingua che non fosse l’Italiano (in questo caso la lingua slava) venne assolutamente vietato in tutti i luoghi pubblici. Ma non era abbastanza: anche la toponomastica subì l’italianizzazione. Migliaia di cognomi di origine slava e croata vennero modificati e tradotti in italiano.

Manifesto affisso nella città di Dignano (UD) che vieta l’uso della lingua slava nei luoghi pubblici
La traduzione forzata dei termini stranieri

«Basta con gli usi e costumi dell’Italia umbertina, con le ridicole scimmiottature delle usanze straniere. Dobbiamo ritornare alla nostra tradizione, dobbiamo rinnegare, respingere le varie mode di Parigi o di Londra o d’America. Se mai, dovranno essere gli altri popoli a guardare a noi, come guardarono a Roma o all’Italia del Rinascimento… basta con gli abiti da società, coi tubi di stufa, le code, i pantaloni cascanti, i colletti duri, le parole ostrogote». Così riportava Il costume de Il Popolo d’Italia il 10 luglio 1938.

Che il grande sogno di Mussolini fosse quello di riportare Roma ai fasti del periodo imperiale è cosa nota; questa gloriosa rinascita doveva essere presente in ogni aspetto della vita degli italiani, soprattutto nella lingua. Basta “elemosinare” termini stranieri, basta copiare modi di dire e parole ai popoli inferiori. Cosa avrebbe pensato un imperatore romano se avesse sentito noi, i “Romani”, parlare utilizzando termini “barbari”? Tramite il controllo diretto su ogni organo di stampa, in poco tempo si favorì l’utilizzo e la diffusione dei nuovi termini italianizzati per volere del regime fascista.

parole proibite dal fascismo mussolini
Benito Mussolini in uno dei suoi discorsi al popolo italiano
Parole proibite e parole inventate: ci pensa D’Annunzio

Tra i numerosi linguisti e intellettuali favorevoli al processo di italianizzazione, non poteva di certo mancare il poeta-“vate”. Termini come velivolo e tramezzino (al posto di sandwich) ed espressioni come eja eja alalà! (al posto di hip hip hurrà) sono da attribuire proprio a Gabriele D’Annunzio. Furono più di 500 le parole tradotte in italiano, dai termini della sofisticata cucina francese ai termini inglesi utilizzati per lo sport, passando per i nomi propri di persona (George Washington divenne Giorgio Vosintone, Louis Armstrong fu Luigi Braccioforte) e le città straniere come Buenos Aires, Buonaria. 

parole proibite dal fascismo D'annunzio
Gabriele D’Annunzio

Con la caduta del regime fascista molte di queste parole italianizzate tornarono alla loro forma “straniera” e nelle scuole dell’Italia nord-occidentale fu riammesso l’insegnamento bilingue. D’altra parte, in un mondo totalmente globalizzato come il nostro, il dizionario di parole da italianizzare dovrebbe essere aggiornato ogni giorno. E poi, il mondo sa già di che pasta solida sono fatti gli italiani, sono stati i ragazzi della nazionale di Palla al calcio a ricordarglielo!

parole proibite fascismo
Avviso al pubblico nel periodo fascista
Accadde oggi

ACCADDE OGGI| Il 22 luglio 776 a.C. nascevano i primi Giochi olimpici

«Come l’acqua è il più prezioso di tutti gli elementi, come l’oro ha più valore di ogni altro bene, come il sole splende più brillante di ogni altra stella, così splende Olimpia, mettendo in ombra tutti gli altri giochi»

(Pindaro, Olimpica I, 1)

giochi olimpici Pindaro
Busto di Pindaro

 

Se esiste qualcuno in grado di farci comprendere l’importanza dei Giochi olimpici nel mondo antico, quello è sicuramente il poeta Pindaro, vissuto in Grecia tra il 518 a.C. e il 438 a.C. circa. In barba allo spirito con cui il barone Pierre de Coubertin (1863-1937), promotore dei moderni Giochi olimpici, sosteneva che “L’importante non è vincere, ma partecipare”, Pindaro era di tutt’altro avviso. Le Olimpiadi, nel mondo greco erano un evento importantissimo, capace di mettere in pausa anche le guerre più sanguinose, e vincerle, per gli atleti, significava guadagnare gloria eterna per sé e per la polis da cui provenivano.

L’importanza dei giochi nell’antica Grecia

La cultura delle competizioni sportive, nel mondo greco, ha origini molto più antiche del periodo in cui Pindaro scrive le sue Olimpiche, elogiando i vincitori delle diverse discipline. La prima testimonianza scritta dei “giochi” la ritroviamo nell’Iliade di Omero, in occasione dei giochi funebri in onore di Patroclo. Dalla corsa dei carri a quella a piedi, dal tiro del giavellotto, al tiro con l’arco e al pugilato, nel poema Omerico ritroviamo tutte le discipline che caratterizzeranno le future Olimpiadi. Ma quando nascono le Olimpiadi? E perché sono così importanti? Prima di rispondere a queste domande, occorre tenere a mente il legame indissolubile che esisteva tra i giochi e la religione, aspetto fortemente caratterizzante della vita nell’antica Grecia.

giochi olimpici gara di carri
Giochi in onore delle nozze di Peleo e Teti, dal Cratere François 

 

Olimpia, la grande festa dedicata a Zeus e i giochi in suo onore

Ad Olimpia, situata nell’Elide (Peloponneso nord-occidentale), sorgeva un santuario dedicato a Zeus. La florida regione dell’Elide, con i suoi boschi e prati fioriti, era considerata un luogo talmente bello che doveva per forza essere stato creato in circostanze divine. Ogni anno, in estate, il santuario accoglieva pellegrini provenienti da tutta la Grecia, per partecipare alle celebrazioni in onore di Zeus. Cerimonie, processioni e sacrifici, per rendere omaggio al padre di tutti gli dei, ma non solo. Dopo aver giurato solennemente, gli atleti, provenienti da tutte le città-stato della Grecia, erano finalmente pronti a scendere in campo e sfidarsi nei giochi Olimpici. Se i perdenti uscivano a testa bassa dallo stadio, con il pesante fardello del disonore sulle spalle, i vincenti tornavano nella loro polis da eroi. Loro, e solo loro, avevano tenuto fede al giuramento solenne in cui affermavano di “essersi duramente preparati con il solo scopo di vincere”.

giochi olimpici
La Vittoria alata che incorona un atleta vincitore. Raffigurazione in un vaso a figure nere
La data convenzionale del 776 a. C

Come abbiamo detto, i giochi hanno sempre fatto parte della cultura greca, erano già presenti nelle culture minoica e micenea. Sappiamo anche che i giochi Olimpici devono la loro importanza al luogo in cui sorge il santuario dedicato a Zeus. E proprio in questo luogo fu stilato per la prima volta, nel 776 a. C, un elenco con i vincitori: è possibile, quindi, desumere che si trattasse dell’esito delle prime Olimpiadi accertate storicamente. Durante la cerimonia di apertura dei Giochi, le sacerdotesse del tempio di Hera accendevano la fiamma olimpica, tramite un sistema di specchi che utilizzavano la luce solare per accendere il fuoco. Sistema utilizzato ancora oggi durante la cerimonia di accensione della fiamma olimpica per le moderne Olimpiadi.

giochi olimpici
La cerimonia di accensione della fiamma Olimpica

 

Le prime edizioni e l’evoluzione dei Giochi olimpici

Le prime edizioni dei Giochi olimpici duravano una sola giornata e unica era anche la disciplina in cui si sfidavano gli atleti: lo stadion, una gara di corsa lunga 192 metri. I giochi si ripetevano ogni quattro anni, e le edizioni successive furono pian piano arricchite con nuove discipline. Le gare prevedevano: pugilato, corsa, pentatlon (un insieme di 5 gare come il salto in lungo), lancio del disco, lancio del giavellotto e lotta. Inoltre faceva parte dei giochi olimpici anche la corsa con i cavalli. Furono aggiunte anche le gare di poesia e di scrittura. Ciò che non riuscì a trovare posto nelle olimpiadi fu la figura femminile: le donne non potevano partecipare neanche come spettatrici.

olimpiadi
Pugilatori ritratti in un vaso a figure nere

 

Il declino e la fine dei Giochi olimpici

I Giochi olimpici sopravvissero alla conquista romana. L’imperatore Nerone ne organizzò un’edizione a Roma. Se i Giochi in origine erano aperti solamente ai greci, l’edizione di Nerone, alla quale partecipò lui stesso, fu aperta agli atleti provenienti da ogni parte dell’Impero Romano. Fu l’avvento del cristianesimo a porre fine alle Olimpiadi. Nel 393 d.C., l’imperatore Teodosio, dietro l’influenza del vescovo di Milano Ambrogio, soppresse i giochi, che erano nati per celebrare quelle divinità adesso tanto blasfeme e in contrasto con il nuovo Dio.

Le rovine del tempio di Zeus a Olimpia
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FLASH | Incendio all’anfiteatro Flavio di Pozzuoli (NA), distrutte gradinate in legno

Nel pomeriggio di ieri, venerdì 16 luglio 2021, un incendio ha coinvolto l’anfiteatro Flavio di Pozzuoli, facente parte del complesso del Parco archeologico dei Campi Flegrei. Il rogo ha risparmiato le strutture più antiche, divorando, invece, le gradinate lignee costruite 30 anni fa in occasione di rappresentazioni teatrali e musicali. Tempestivo è stato l’intervento dei vigili del fuoco, che hanno domato le fiamme, e della polizia municipale per accertare le cause del rogo.

Le gradinate in legno dell’anfiteatro Flavio di Pozzuoli, andate distrutte nell’incendio.

Le gradinate andavano rimosse da tempo

E’ quanto afferma il sindaco di Pozzuoli (NA), Vincenzo Figliolia, all’indomani dell’incendio che ha messo a rischio un pezzo immensamente importante del patrimonio culturale italiano: “Ora si faccia in fretta, si eliminino i pericoli e si metta in sicurezza l’intera area colpita dal terribile incendio, con la rimozione di tutte le gradinate di legno, che era già prevista e che più volte è stata oggetto di discussioni. Chiedo al direttore del Parco archeologico dei Campi Flegrei, Fabio Pagano, che ha la competenza sull’Anfiteatro Flavio e gli altri siti archeologici del territorio, di mettere in campo con determinazione tutte le azioni necessarie per permettere ai turisti di ammirare nella sua pienezza la terza arena più grande del mondo romano”. L’anfiteatro Flavio di Pozzuoli è, infatti, la terza arena per dimensioni del mondo romano, dopo quella di Roma e Santa Maria Capua Vetere.

Verranno fatti accertamenti sulle origini del rogo

“Siamo estremamente preoccupati – spiega Francesco Emilio Borrelli, consigliere regionale di Europa Verde, la cui sede è a poca distanza dal sito archeologico -. Ci auguriamo che i danni siano limitati. In ogni caso chiederemo di sapere come sia stato possibile l’evolversi di questo incendio e di capire se tutte le norme di sicurezza erano attive”.

Borrelli incendio anfiteatro Flavio pozzuoli
Francesco Emilio Borrelli, consigliere di Europa verde
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FLASH | Addio Raffaella Carrà, i messaggi sul web

La notizia è arrivata alle 16.20 di oggi, 5 luglio 2021. Numerosissimi, nel mondo dello spettacolo e non solo, i messaggi  di cordoglio per la morte di Raffaellà Carrà, 78 anni, grande show girl italiana e regina della tv degli anni ’70-’80. Tra i messaggi d’addio per la Carrà, anche Alberto Angela e il presidente Sergio Mattarella.

Raffaella Carrà per Billboard Italia – foto: Iwan Palombi
L’annuncio di Sergio Japino

«Raffaella ci ha lasciati. E’ andata in un mondo migliore, dove la sua umanità, la sua inconfondibile risata e il suo straordinario talento risplenderanno per sempre». Con queste parole Sergio Japino, suo compagno per lunghissimo tempo, ha dato l’annuncio unendosi al dolore dei nipoti Federica e Matteo, di Barbara, Paola e Claudia Boncompagni, degli amici e dei collaboratori più stretti. La morte, probabilmente è sopraggiunta a seguito di una brutta malattia.

Sergio Japino e Raffaella Carrà
L’ultimo post nel giorno del suo compleanno

L’ultimo messaggio di Raffaella risale allo scorso 18 giugno, giorno del suo compleanno: «Il vostro affetto mi commuove, vi abbraccio e vi auguro un estate con ritorno alla normalità». La show girl aveva da poco compiuto 78 anni.

I messaggi per Raffaella

Tra le grandi personalità del panorama televisivo italiano, uno dei primi ad esprimere il dolore per la perdita della Carrà è Gianni Morandi, che con una nota su Facebook ha commentato: «5 luglio. Che dolore! Non ci voglio credere…».

Anche Alberto Angela si aggiunge al coro, con un tweet in onore della Carrà.

raffaella carrà

L’eco della scomparsa di Raffaella è giunto anche al Quirinale, dove il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sottolineato come Raffaella Carrà: «Volto televisivo per eccellenza ha trasmesso – con la sua bravura e la sua simpatia – un messaggio di eleganza, gentilezza e ottimismo».

Raffaella carrà
Raffaella Carrà da giovanissima
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NEWS | Mostra “Tota Italia”, le porte delle Scuderie del Quirinale si apriranno di notte

In occasione della XVII edizione della Notte Europea dei Musei, prevista per sabato 3 luglio 2021, le Scuderie del Quirinale promuovono l’apertura straordinaria della mostra Tota Italia. Alle origini di una Nazione, visitabile dalle 20.00 alle 22.00 (ultimo ingresso alle ore 21.00) al costo simbolico di un euro.

Tota Italia, il grande lascito di Ottaviano Augusto

Il titolo della mostra riprende il giuramento di un uomo che per primo, duemila anni fa, unificò l’Italia in un territorio omogeneo. Si tratta di Ottaviano Augusto, che unificò il territorio italiano sotto le insegne di Roma, mantenendo quella divisione in regioni che testimonia la varietà e la ricchezza culturale del nostro Paese e delle sue tradizioni. Esposti reperti appartenenti all’epoca preromana e romana, dal IV secolo a.C. all’età giulio-claudia. La mostra racconterà di questo lungo processo di unificazione, ponendo l’accento sulla trasformazione di un territorio assai variegato prima e dopo l’arrivo di Roma.

Ritratto di Augusto con capite velato del tipo “Prima Porta”, in mostra alle Scuderie per Tota Italia

L’organizzazione

Tota Italia. Alle origini di una nazione è stata curata da Massimo Osanna e Stéphane Verger; Osanna è direttore generale dei Musei e Verger è il nuovo direttore del Museo Nazionale Romano. L’iniziativa si inserisce nel circuito delle Notti dedicate alla Cultura, promosse dal Ministero della Cultura francese e patrocinate dall’UNESCO, dal Consiglio d’Europa e dall’ICOM. Non è necessaria la prenotazione e i biglietti possono essere acquistati la sera stessa direttamente alle Scuderie del Quirinale.

Le Scuderie del Quirinale per Tota Italia

Le Scuderie del Quirinale, conosciute anche con il nome storico di Scuderie papali del Quirinale, furono costruite nel 1722 in un terreno di proprietà della famiglia Colonna. Le due fasi di costruzione (1722 e 1732) si devono a due pontefici: Innocenzo XIII e Clemente XII. L’edificio ha mantenuto la funzione di scuderia fino al 1938, anno in cui divenne un’autorimessa. Negli anni ’80 conobbe la sua prima destinazione in funzione espositiva con il museo delle carrozze. Restaurato alla fine degli anni ’90, venne inaugurato nel 2000 dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, che lo concesse al Comune di Roma. Da allora, ospita grandi mostre di richiamo internazionale ed è una delle sedi per mostre d’arte temporanee più visitate di Roma, insieme al Vittoriano.

Le Scuderie del Quirinale, Roma
Approfondimento

APPROFONDIMENTO | L’azzurro, il colore della Nazionale Italiana di Calcio

In questo clima di ritrovata normalità, tutta l’Italia è riunita davanti agli schermi per tifare la nostra nazionale, i nostri Azzurri. Vi siete mai chiesti perché il colore che rappresenta l’Italia nello sport è l’azzurro? E sapevate che la maglia azzurra è stata indossata per la prima volta proprio dalla Nazionale Italiana di Calcio? L’azzurro, però, non è stato l’unico colore indossato dai calciatori. Nell’attesa della sfida tra Italia e Belgio, oggi 2 luglio 2021, ripercorriamo alcune tappe importanti della storia della Nazionale Italiana.

La Nazionale Italiana durante le qualificazioni per gli UEFA Euro 2020 (foto: Claudio Villa/Getty Images)

L’esordio della Nazionale Italiana di Calcio

15 maggio 1910, sul campo da gioco dell’Arena di Milano è tutto pronto per la prima sfida della neonata Nazionale Italiana. Il primo avversario dell’Italia è proprio l’avversario per eccellenza, l’eterna rivale d’oltralpe: la Francia. Negli spogliatoi non ci sono calciatori professionisti, non i campioni di oggi, macchine fisicamente perfette cresciute a pane e pallone. Un meccanico della Fiat, un ragioniere e uno studente universitario: sono loro i primi a indossare la maglia della Nazionale Italiana, la maglia bianca. L’esordio della Nazionale, infatti, avviene con una maglia bianca decorata dallo stemma dei regnanti di allora, i Savoia. Il colore della divisa non ha un particolare significato, fu scelto il bianco perché non si era ancora giunti ad un accordo sul colore ufficiale da adottare. L’ Italia scende così per la prima volta in campo e batte la Francia, 6 a 2.

La Nazionale Italiana alla sua prima partita, Milano 1910

Un azzurro intenso per la maglia della Nazionale: il blu Savoia

È il 6 gennaio 1911 quando la Nazionale Italiana, guidata dal CT Umberto Meazza, torna nell’ Arena di Milano, questa volta contro l’Ungheria. Il colore della maglia è cambiato: si è giunti a un accordo. La maglia adesso è di un azzurro intenso, colore con un nome particolare: blu Savoia, in onore della famiglia reale. Quell’azzurro, infatti, rappresentava il colore della casata regnante fin dal 1360. Alcune ipotesi vedevano l’azzurro in onore dei cieli e dei mari italiani, ma, a riprova delle origini monarchiche della maglia, sul lato sinistro di ognuna venne cucita una croce bianca in campo rosso, la croce sabauda. Il colore bianco, con il quale aveva esordito la Nazionale, rimase come seconda divisa e continuò a essere utilizzato negli altri sport. L’azzurro, infatti, si estese a tutte le discipline sportive italiane soltanto nel 1932, durante i giochi della X Olimpiade.

Mussolini colora di nero la maglia della Nazionale

Nel 1927 la maglia azzurra subisce una modifica. Accanto alla croce sabauda viene cucito un nuovo simbolo: il fascio littorio, per volontà di Benito Mussolini. Dopo il bronzo conquistato alle Olimpiadi di Amsterdam, nel 1934 l’Italia ospita i mondiali di calcio e sono proprio gli azzurri, quell’anno, a vincere la coppa del mondo. Quattro anni dopo, nel 1938, è la Francia a ospitare la terza edizione dei mondiali di calcio. Proprio a oltralpe si scrive una pagina nera del calcio italiano, nera in tutti i sensi. Il 12 giugno 1938, la Nazionale Italiana sfida quella Francese. Ma a scendere in campo, a Marsiglia, non sono gli Azzurri, non questa volta. Per la prima e unica volta, la Nazionale Italiana scende in campo con la maglia nera, pura propaganda fascista. Al saluto romano, fatto dai giocatori prima della partita, il pubblico risponde con i fischi. Nonostante il ritorno all’azzurro nelle partite successive, la Nazionale di quell’anno non suscita la simpatia del pubblico, in nessuna occasione. Ma se pensate che questo abbia demoralizzato i giocatori sbagliate, perché, anche quell’anno, l’Italia il mondiale lo vince!

L’Italia vittoriosa ai mondiali del 1934

Nasce la Repubblica, ma la maglia resta azzurra

1947, l’anno del cambiamento in Italia. Non c’è più la monarchia, non c’è più nemmeno la dittatura fascista. Ma una cosa è rimasta: la maglia azzurra. Solo che adesso sul lato sinistro non c’è più la croce sabauda e nemmeno il fascio littorio, sulla maglia della Nazionale adesso è cucito lo scudetto tricolore: è nata la Repubblica Italiana. Sullo scudetto tricolore, oggi, troviamo quattro stelle, simbolo dei quattro mondiali vinti nella storia della Nazionale. In Europa solo la Germania può vantare un simile primato.

La nazionale di calcio italiana con la maglia azzurra e lo scudetto tricolore
La Nazionale Italiana di Calcio con la maglia azzurra e lo scudetto tricolore, Azzurri campioni del mondo nel 1982
Logo della Nazionale Italiana di Calcio oggi
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FLASH | Mozia (TP) era abitata già nell’Età del Bronzo: anche Palermo conferma

Lo ha reso noto questa mattina l’Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, a seguito dei recenti ritrovamenti effettuati durante uno dei sondaggi praticati dal professore Aurelio Burgio dell’Università di Palermo. Lo scavo nell’isola di Mozia (TP), condotto in collaborazione con l’Università di Palermo e la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Trapani, ha portato in luce un contesto archeologico che risalirebbe all’Età del Bronzo, 1600 a.C. circa, confermando la presenza di insediamenti umani nell’isola in questo periodo, rilevata nelle precedenti campagne di scavo.

I ricercatori dell’Università di Palermo impegnati nelle ricerche a Mozia (TP)

Il ruolo di Mozia nel Mediterraneo nell’Età del Bronzo

«La scoperta – afferma il professore Aurelio Burgio – assume particolare valore perché testimonia la vitalità e il ruolo di Mozia lungo le rotte mediterranee in un’epoca di molti secoli antecedente alla fondazione della colonia fenicia, gettando nuova luce sulla diffusione degli orizzonti culturali preistorici siciliani anche in questo estremo lembo occidentale dell’isola, al crocevia dei traffici tra il Tirreno e il Canale di Sicilia».

Il professore Aurelio Burgio

La fiducia nell’archeologia in Sicilia: Mozia è un buon esempio

«La ripresa degli scavi a Mozia e gli eccezionali ritrovamenti effettuati – sottolinea l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà – ci rafforzano nella consapevolezza di aver fatto una scelta giusta, promuovendo il rilancio in grande dell’archeologia in Sicilia. Il nostro passato è un libro ancora straordinariamente pieno di pagine da scrivere, che rappresentano il più bel biglietto da visita per chi vuole scoprire l’essenza della nostra terra. La grande sfida che abbiamo intrapreso è di mettere la Cultura e l’Identità al centro di una visione di futuro per la Sicilia».

L’assessore Alberto Samonà
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NEWS | “Agorà Archeologia”, il Museo di Bologna diventa una piazza aperta alla Cultura

La piazza vicino alla piazza” è il sottotitolo dell’iniziativa Agorà Archeologia, promossa dal Museo Civico Archeologico di Bologna. Un modo per continuare a ospitare visitatori da tutto il mondo nonostante la chiusura temporanea di alcune sale del Museo.

 Agorà Archeologia, vivere la piazza come gli antichi greci

Dal primo luglio lo spazio del piano terra del Museo diverrà parte integrante del percorso espositivo temporaneo, pensato come le antiche piazze delle città greche: per l’incontro e il confronto dei cittadini e di tutti i visitatori. Una piazza “archeologica” per mantenere e rinsaldare il legame tra la città e il suo patrimonio attraverso mostre, incontri, visite guidate, laboratori e uno spazio dedicato all’accessibilità.

Collezione greca del Museo Civico Archeologico di Bologna – foto: Matteo Monti

Dante Alighieri, primo ospite della “Piazza”

Il Sommo Poeta sarà il primo ospite dell’iniziativa. Dal primo luglio al primo novembre, infatti, la “Piazza” sarà il teatro espositivo di una mostra su Dante Alighieri: … che mi fa sovvenir del mondo antico. L’esposizione analizza personaggi e tradizioni di miti e storia del mondo antico riprese da Dante, che le rielaborò in chiave cristiana nella costruzione dell’Aldilà nella Divina Commedia.

Tutti gli elementi che ritroviamo nel viaggio di Dante attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso sono, infatti, un insieme di influssi e apporti culturali, filosofici, teologici e letterari provenienti dal mondo classico; derivati anche dalle aree orientali del bacino del Mediterraneo, filtrati dalle tradizioni ebraica, greco-romana e cristiana e dalle successive dottrine medievali.

Sandro Botticelli, Dante Alighieri, tempera su tela, 1495

Agorà Archeologia: i reperti delle sale chiuse saranno esposti a rotazione

I lavori del Museo Civico Archeologico di Bologna, commissionati dal Settore Manutenzione del Comune di Bologna, avranno una durata di circa 10 mesi. Dal 28 giugno 2021 non sarà più possibile visitare le collezioni relative alla storia di Bologna, le collezioni Etrusco-Italica, Greca, Romana e la Gipsoteca. Il percorso Agorà Archeologia darà la possibilità ai visitatori di poter osservare alcuni reperti provenienti dalle sale chiuse. A rotazione, infatti, verrà esposta una selezione di reperti di maggiore pregio, conservati al primo piano, temporaneamente chiuso.

Torso loricato di Nerone, uno dei reperti esposti a rotazione nell’Agorà del Museo Civico Archeologico di Bologna – foto: Siti Archeologici d’Italia
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FLASH | Modica (RG), è morta l’archeologa Annamaria Sammito

È morta dopo una lunga malattia l’archeologa Annamaria Sammito, aveva 56 anni. Dal 2008 al 2012 ha ricoperto la carica di assessore alla Cultura nella giunta Antonello Buscema ed è stata dirigente archeologo presso la Soprintendenza di Ragusa.

Annamaria Sammito era professoressa di Archeologia tardoantica e medievale presso l’Università di Catania, nonché direttrice onoraria del Museo Civico di Modica (RG) dal 2002.

Tra le sue pubblicazioni sono presenti alcuni studi sull’archeologia preistorica, tardoantica e medievale. Nel cuore di Modica, la Sammito ha studiato a fondo la chiesa rupestre di San Nicolò Inferiore, cui ha dedicato gran parte della sua carriera.

Annamaria Sammito, 56 anni, scomparsa oggi
Annamaria Sammito, 56 anni
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FLASH | Relitto dell’800 con un carico di birra, il lievito vivo potrebbe essere riutilizzato

Proviene dal Mare del Nord, al largo della Scozia, la sensazionale scoperta effettuata nei giorni scorsi da un subacqueo amatoriale. Il relitto della Wallachia, affondata nel 1895, una nave mercantile il cui carico era comporto da gin, whisky e migliaia di bottiglie di birra. Il subacqueo ha consegnato alcune delle bottiglie recuperate agli scienziati della Brewlab, una società di ricerca, che insieme ai colleghi dell’Università di Sunderland sono riusciti a estrarre il lievito attivo dal liquido. L’obbiettivo è quello di ricreare la birra originale, andata perduta nella collisione con un’altra imbarcazione che ha provocato il naufragio della Wallachia.

Il lievito vivo potrebbe migliorare la produzione della birra moderna. Si tratta di un ceppo insolito di lievito, andato perduto da tempo. Gli scienziati valuteranno se questo potrà essere impiegato nella lavorazione moderna e persino migliorare le birre di oggi. Steve Hickman, il subacqueo artefice della scoperta, ha anche ammesso di averne assaggiato il contenuto: «Aveva un odore atroce, salato e putrefatto. E non aveva un sapore migliore».

lievito
La bottiglia di birra oggetto delle analisi

In copertina: buona parte del carico della Wallachia.