Autore: Chiara Ansini

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NEWS | Caltanissetta, ritrovata una matrice di Kóre

Nella zona archeologica di Gibil Gabib, a Caltanissetta,  è stata trovata una matrice, uno stampo in terracotta di fattezze femminili, probabilmente attribuibili a Persefone. La matrice è databile tra la fine del VI secolo e gli inizi del V secolo a.C.

Un tesoro ritrovato

A scovare lo stampo a matrice è stato Francesco Lauricella, Magistrato in servizio al Tribunale di Caltanissetta e appassionato di archeologia. Il giudice Lauricella lo ha prontamente consegnato alla Soprintendente dei Beni culturali e Ambientali di Caltanissetta, Daniela Vullo. A sottolineare l’importanza del gesto è l’Assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà: “Un importante ritrovamento reso ancora più prezioso perché la sua consegna alla Soprintendenza è frutto di quella responsabile e proficua collaborazione dei privati cittadini. Siamo tutti custodi di ciò che la storia ci ha consegnato. Avrò il piacere di incontrare il dottore Lauricella che ai nostri occhi è un testimone di bellezza”.

Matrice fittile di Kóre attribuita al culto di Persefone (foto ©Monia Sangermano)
La matrice 

La matrice è uno stampo usato per agevolare la produzione massiva, quella fittile ritrovata a Gibil Gabib è alta 9cm e larga circa 4.5cm e presenta solo la pagina dello stampo frontale. Lo stampo raffigura una Kóre (κόρη), un modello statuario che rappresenta una giovane ragazza offerente. La matrice mostra chiari segni della tradizione coroplastica geloa akragantina. La Kóre è abbigliata con chitone e himation, abiti tipici della tradizione ionica, mentre i capelli sono raccolti in trecce e ricadono sul petto.

Il suo ritrovamento è particolarmente significativo. Il reperto attesta la produzione seriale in situ di manufatti fittili connessi al culto di Demetra e Persefone. Il bene, dopo le operazioni di schedatura e inventario, verrà esposto al Museo archeologico di Caltanissetta, dove sono custoditi altri reperti provenienti dal sito archeologico di Gibil Gabib.

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NEWS | Svelata una sepoltura femminile a Kozani, in Macedonia

Gli scavi condotti a Kozani, nella Macedonia greca occidentale, nell’area di Mavropigi hanno riportato alla luce, a circa un metro e mezzo sotto il livello di calpestio, una sepoltura femminile datata al I secolo a.C. A rendere nota la notizia è stato il direttore dall’Ephorate of Antiquities di Kozani, Areti Chondrogianni-Metoki, durante una conferenza.

Decorazione bronzea di una testa di sirena (immagine ©GreekReporter)
La sepoltura

Gli scavi sono stati condotti nell’area di Mavropigi dall’Ephorate of Antiquities di Kozani tra il 2019 e il 2021, in una miniera di lignite. Tra i vari rinvenimenti, gli archeologi hanno scoperto una sepoltura femminile. Sebbene sia provato che nell’antichità alcune culture seppellivano i loro morti con i loro giacigli (generalmente sotto le pavimentazioni delle abitazionio o nelle immediate vicinanze), questa è stata la prima volta che gli archeologi hanno rinvenuto una persona sepolta secondo questa usanza in Grecia

La defunta doveva appartenere alla nobiltà locale, ipotesi sostenuta dalla ricchezza del corredo. Tuttavia, c’è anche la possibilità che fosse una personalità di rilievo in ambito cultuale, il che giustificherebbe la tipologia degli oggetti sepolti con l’inumata.

Finalmente, a seguito di studi e restauro, i resti della donna sono stati resi pubblici ed esposti nel Museo Archeologico di Aiani, assieme alla riproduzione a grandezza naturale del letto rinvenuto come parte della sepoltura.

Ricostruzione e riproduzione del letto in legno e bronzo (immagine ©GreekReporter)

 

Devota di Apollo

La donna è stata trovata distesa su un letto di legno e bronzo, impreziosito da montanti decorati da teste di sirene. Tra le decorazioni spicca un uccello che tiene in bocca un serpente, simbologia che rimanda al culto di Apollo. Nel sito di Xirolimni, nei pressi di Kozani, era presente un santuario extraurbano dedicato al dio, come attestato dal gran numero di iscrizioni e sculture rinvenuti.

Oltre al letto di bronzo, le cui parti lignee non si sono conservate, sono stati rinvenuti quattro vasi in ceramica e uno in vetro. Sulla testa della donna erano presenti delle foglie d’oro che rievocano le foglie di alloro (foglie dell’albero sacro ad Apollo), forse parte di una ghirlanda. Ad impreziosire le mani sono state rinvenute tracce di fili d’oro, probabile testimonianza di un ricamo. La tipologia di corredo permette di datare la tomba alla fine del I secolo a.C., ma si attendono ulteriori analisi sul corpo della donna per poter fornire dati più certi, tra cui l’età e la causa del decesso. 

Foglie d’alloro in lamina d’oro (immagine ©GreekReporter)
Il sito

“Non sappiamo molto della storia di questa zona durante il I secolo a.C.“, ha affermato Chondrogianni-Metoki. Sappiamo che in origine la città di Kozani era vicina ad un altro importante centro urbano chiamato Mavropigi, ad oggi un piccolo villaggio abitato, dove si trovava locato un santuario dedicato al dio Apollo. Il record archeologico mostra chiaramente che nel I secolo l’area era sotto l’influenza romana. Lo studio della stratigrafia dell’area ci riporta allo strato corrispondente all’espansione di Roma verso la Grecia dopo la presa di Corinto nel 146 a.C. 

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NEWS | Castiglione della Pescaia (Gr), scoperta una terrazza etrusca del V secolo a.C.

Si è conclusa l’11 giugno scorso la terza campagna di scavo archeologico condotta dall’Istituto archeologico germanico di Roma in cooperazione con il comune di Castiglione della Pescaia, in provincia di Grosseto. Lo scavo ha riportato alla luce una terrazza monumentale di 600 metri di lunghezza situata vicino alla riva dell’antico Prile. 

Castiglione della Pescaia, Maremma
Il sito etrusco

Il progetto di ricerca dell’Istituto archeologico germanico di Roma ha come obiettivo la ricostruzione delle antiche sponde del lago Prile e la localizzazione di strutture etrusche da mettere in relazione con la laguna stessa. È finanziato dall’Istituto archeologico germanico e diretto dalla dottoressa Camilla Colombi, coadiuvata sul campo dalla dottoressa Valerj Del Segato

A illustrare il sito sono stati Elena Nappi e Walter Massetti, rispettivamente sindaco e assessore del Comune di Castiglione della Pescaia: “Nell’ambito del progetto di ricerca sono state condotte prospezioni geofisiche, carotaggi e scavi, che hanno portato alla scoperta di una nuova area archeologica situata in località Badia Vecchia, parte dell’insediamento etrusco di Vetulonia. Qui è stata individuata una terrazza monumentale di 600 metri di lunghezza situata vicino alla riva dell’antico Prile”.

Area di rinvenimento della terrazza (immagine via ©Intoscana)
La terrazza

Gli scavi archeologici hanno interessato una porzione della terrazza e alcune costruzioni poste a nord di essa. È stato così possibile scoprire che il belvedere si compone di un imponente muro composto da blocchi squadrati, conservato per circa 2 metri in altezza e costruito in epoca etrusca. La datazione risale probabilmente al V secolo a.C., dato che verrà confermato o meno dagli studi in corso.

Sulla terrazza sono state scoperte alcune stanze, forse magazzini e abitazioni. La funzione delle strutture rinvenute ancora non è chiara, così come non lo è il suo rapporto con la laguna. Le stanze mostrano tracce d’uso che lasciano pensare che gli ambienti siano stati vissuti fino al II secolo a.C.

Nel II secolo l’insediamento di Vetulonia ormai si trovava nell’orbita di Roma. In seguito l’area deve essere stata abbandonata e i resti delle costruzioni sono stati gettati a sud della zona. Gli studiosi hanno ipotizzato che l’abbandono del sito sia da mettere in relazione con le distruzioni avvenute, nello stesso periodo, da parte di Roma per punire le città che si erano schierate con Mario.

Area di scavo (immagine via ©Intoscana)
Archeologia, cultura e divulgazione

Spiegano il sindaco Nappi e l’assessore Massetti: “Grazie anche a questa terza campagna di scavi potremo potenziare l’azione educativa che i siti archeologici possono svolgere per avvicinare il pubblico dei più giovani ai tesori culturali. Il territorio comunale di Castiglione della Pescaia ha al suo interno un’eccellenza museale, quella di Vetulonia, che sta contribuendo fortemente nel proporre importanti iniziative a carattere internazionale e lo facciamo soprattutto con un’azione mirata nel lanciarla durante estivi, per riproporla nei periodi così detti di bassa stagione, andando a garantire potenzialità occupazionali a più lunga durata”.

Rincara la dose Massetti: “I risultati ottenuti fino ad oggi hanno arricchito la proposta archeologica, sempre più ricercata dagli appassionati. Questa amministrazione continua a interagire con successo con tutti i soggetti del settore come istituzioni, enti, parchi archeologici, associazioni di categoria, gruppi archeologici, università e cittadini ed i risultati ottenuti vanno a beneficio dell’economia locale”.

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NEWS | Centuripe (En), nell’area di Carcaci torna alla luce una necropoli preistorica

Durante un sopralluogo del sindaco di Centuripe (En), Salvatore La Spina, e di alcuni volontari di associazioni del paese, per la realizzazione di una discarica pubblica, è stato rinvenuto un insediamento preistorico.

Insediamento preistorico, tombe a camera
Carcaci preistorica 

Carcaci, piccola frazione del Comune di Centuripe, ci regala una perla della Sicilia preistorica. In un’area collinare di proprietà privata, nei pressi della quale la Srr Catania realizzerà una discarica pubblica di alto valore ecologico, è emerso un complesso cimiteriale composto da un sistema di nove tombe a camera, scavate nella roccia. La scoperta, avvenuta casualmente per mano del Sindaco del Comune di Centuripe, lascia presupporre la presenza di un vero e proprio villaggio ancora da scavare.

L’area si trova adiacente ad un territorio appartenente al comune di Randazzo ma territorialmente di competenza del comune di Centuripe. Per il sindaco La Spina l’eccezionale scoperta aggiunge valore al ricco patrimonio archeologico già presente nel nostro territorio. Afferma La Spina: “Trovo assurdo che si possa concepire e pianificare una struttura del genere, senza aver prima controllato il territorio, già importante, non solo dal punto di vista ecologico ma soprattutto agricolo e zootecnico. Oltre 500 persone vivono intorno all’area designata per la realizzazione della discarica e migliaia di capi, tra ovini e bovini, pascolano su quei terreni. Un danno incalcolabile per l’economia e per l’agricoltura del territorio. Che ancora nel 2022 si pensi delle discariche in luoghi densamente agricoli, non ha alcun senso. Pronti, quindi, insieme ai comuni limitrofi, agli allevatori ed agli agricoltori della zona, a lottare contro questo sfregio all’ambiente”.

Sito preistorico di Caraci, interno di una tomba
Il complesso funerario 

I primi scavi di Carcaci hanno riportato in luce un complesso cimiteriale. Sono state trovate nove tombe a camera scavate nella roccia, un sistema cultuale funerario molto usato in tutto il bacino mediterraneo. Tra le sepolture distinguiamo camere a forma rettangolare e circolare. Le tombe di forma rettangolare, ad un prima analisi, dovrebbero risalire all’Età del ferro, mentre quelle circolari all’Età del bronzo. Sono presenti anche altre tombe e si ipotizza siano ancora più antiche. 

Le necropoli di questo genere sono spesso indicatori della presenza di un insediamento Castellucciano. Lo schema planimetrico è standardizzato, ma può presentare delle piccole variazioni. Tra queste ricordiamo che l’ingresso può presentarsi rettangolare o quadrato, può essere presente un’antecella che introduce alla cella funeraria propriamente detta, e il letto funebre può essere rialzato o a nicchia.

Il sito è stato segnalato alla Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Enna. Al momento si aspettano i permessi dalla Soprintendenza per iniziare le attività di studio e scavo.

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NEWS | Arte e sensualità in mostra a Pompei

In rassegna, fino al prossimo 15 gennaio, settanta oggetti, tra sculture e affreschi, tutti provenienti dai depositi del Parco Archeologico, tra cui inediti frutto di recenti scoperte. Tra questi due medaglioni in bronzo con scene erotiche del carro cerimoniale da Civita Giuliana. Il percorso della mostra “Arte e sensualità nelle case di Pompei” si completa col supporto di una app specifica, mentre una guida per bambini aiuterà i più piccoli a visitare e comprendere la mostra.

Locandina della mostra
Arte e sensualità

A introdurre l’evento è stato il direttore del Parco archeologico, Gabriel Zuchtriegel, curatore insieme all’archeologa Maria Luisa Catoni, professoressa all’IMT Alti Studi Lucca, della mostra “Arte e sensualità nelle case di Pompei“. Stupore, curiosità e imbarazzo sono solo alcune tra le emozioni che sia archeologi che visitatori hanno provato posti dinnanzi alle pitture e alle sculture vesuviane. Con l’avanzare degli scavi diventa sempre più evidente che le immagini dal contenuto sensuale ed erotico, spesso distanti dell’immaginario classicista del mondo antico, caratterizzavano gran parte degli spazi della città, dalle case private agli spazi pubblici della collettività.

Negli ultimi mesi, complice un pubblico molto eterogeneo, si è tornati a porsi la fatidica domanda: “come spiegare l’onnipresenza della sensualità nel quotidiano pompeiano?”. Da questa esigenza didattica prende spunto la nuova mostra organizzata dal Parco Archeologico di Pompei, inaugurata il 21 aprile scorso alla Palestra grande degli scavi. La mostra propone una chiave di lettura, un ausilio, per comprendere meglio ciò che il pubblico può ammirare in situ.

Sensualità pompeiana (©ANSA)
Oltre il cubiculum

Il progetto della mostra prevede un itinerario alla scoperta di vari edifici dell’antica Pompeii, caratterizzati da affreschi e riferimenti al tema, raggiungibili con il supporto dell’App My Pompeii. All’ingresso, apre il percorso una statua in marmo bianco di Priapo, simbolo per i romani di prosperità e fertilità. Tra le 70 opere in mostra, tutte provenienti dai depositi del Parco Archeologico, figurano inediti i due medaglioni in bronzo con scene erotiche del carro cerimoniale da Civita Giuliana, il raffinato soffitto del cubiculum, ossia la stanza da letto, della Casa di Leda ed il Cigno, rinvenuto in crollo sul pavimento, ricomposto e restaurato, e le tre pareti del cubiculum della Villa di Gragnano (Napoli), ricostruito dopo il recente restauro.

La mostra punta a valorizzare anche le recenti scoperte nell’ambito del Grande Progetto Pompei e delle nuove indagini condotte sotto la direzione di Massimo Osanna Luana Toniolo, autori del saggio “Il mondo nascosto di Pompei. Il carro della sposa, la stanza degli schiavi e le ultime scoperte” edito da Rizzoli, dove si racconta l’avventura degli scavi di Civita Giuliana frutto di un progetto condiviso con la Procura di Torre Annunziata, avviato nel 2017 proprio per fermare lo scempio dei tombaroli.

Soffitto del cubiculum (©ANSA)
Alla ricerca del contesto

Il nucleo centrale della mostra ospita opere da Oplontis, come Ermafrodito e Satiro e le statue di due coppie di Centauri, in un allestimento che cerca di ricostruire la dimensione esperienziale che, in maniera quasi cinematografica, evoca il contesto e l’immaginario antico. Le statue, gli oggetti di uso quotidiano e le raffigurazioni in mostra avranno lo scopo di puntatori che trasformeranno i visitatori in segugi alla ricerca delle immagini nei loro ambienti originari, rimandando alla visita dell’intero sito con una nuova consapevolezza.

Inoltre, per spiegare il tema ai bambini, è presente una guida a firma del direttore, I Centauri di Pompei. La guida è impreziosita dai disegni di Daniela Pergreffi: seguendo le tracce del centauro Mares, i più piccini si muoveranno alla ricerca di una centauressa. Oltre a godersi il percorso di mostra, lungo il racconto, piccoli e grandi lettori incontreranno una serie di figure centrali del mito antico, da Narciso a Dioniso e Arianna.

Leda e il Cigno (©ANSA)

 

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NEWS | La dignità del popolo ucraino nella fontana di Makov alla Biennale di Venezia

La fontana, opera dell’artista Makov, approda alla Biennale di Venezia, con una rosa di significati sottesi tutti da scoprire in riferimento ai venti di guerra che soffiano sull’Europa e al desiderio di pace tra i popoli.

La Fontana dell’esaurimento

L’opera di Makov, attualmente visibile nel Padiglione Ucraina, nasce dalla rielaborazione di un progetto concepito negli anni Novanta e ispirato alle infrastrutture fatiscenti tipiche delle città post-sovietiche. La fontana è alta circa cinque metri ed è formata da una serie di 78 imbuti di bronzo. I tubicini sono disposti a piramide e l’acqua li riempie per poi fuoriuscire.

Nella stessa Kharkiv, l’autore ricorda come l’approvvigionamento idrico fosse precario, nessuna fontana pubblica funzionava. L’opera fu dunque inizialmente pensata per denunciare l’esaurimento delle fonti, con rimando al tema dell’acqua alta a Venezia. Nonostante ciò, oggi la fontana assume un nuovo significato: invitare a riflettere sul tema della democrazia di fronte alla guerra, con riferimento all’esaurimento di risorse emotive.

L’opera è stata ricomposta in Italia, dopo essere stata sottratta alle bombe russe e trasportata in pezzi da Kiev, andando a sottolineare che l’obiettivo principale resta la rappresentazione della dignità di un popolo e della sua storia. 

Ricordiamo che l’opera sarà visibile alla Biennale di Venezia fino al 27 novembre 2022.

Fontana dell’esaurimento (©Martin Cid Magazine)
L’artista, Pavlo Makov

Pavlo Makov ha 63 anni, è nativo di San Pietroburgo, ma ha da sempre vissuto in Ucraina. Si trasferisce a Kharkiv all’età di tre anni per poi studiare arte in Crimea. Egli riflette sul suo ruolo di artista, sul suo modo di mostrare la realtà, aumentando la consapevolezza, nutrendo la cultura e unendo i popoli. È consapevole però che il potere ideologico dell’arte ha i suoi limiti fisici.

Di recente ha lasciato la sua Kharkiv ridotta in macerie, in direzione di Venezia, per la Biennale. “Non è stata una fuga, la mia”, ha chiarito l’artista: fu selezionato mesi fa per rappresentare il suo Paese adottivo all’Esposizione internazionale d’arte in laguna.

“Hanno distrutto il mio Paese, ma non la sua anima, per questo ci tenevo a esserci”, prosegue. Le vendite dei suoi pezzi d’arte sono ad oggi utilizzate per il supporto delle forze di difesa ucraine e l’acquisto d’armi per il fronte.

Pavlo Makov a Kharkiv nel ’90 (©Martin Cid Magazine)
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NEWS | Dopo la Sicilia anche l’Inghilterra in trattativa, i marmi del Partenone torneranno a casa

Qualche settimana dopo la notizia della restituzione definitiva del cosiddetto Reperto Fagan dalla Sicilia, anche la Gran Bretagna ha accettato di avviare le trattative con il governo greco per il rientro in madrepatria dei Marmi del Partenone di Atene, dopo decenni di impasse. C’è speranza, dunque, che il Partenone possa tornare a splendere, dopo ben due secoli di spoliazioni. Lord Elgin nel XIX secolo privò il monumento di frontoni, metope e fregio, oggi esposti al British Museum.

Frontone del Partenone (©Reporter in viaggio)
Via libera alle trattative

La prima richiesta formale per il ritorno permanente in Grecia di tutte le sculture del Partenone fu presentata nel 1983. Ad occuparsi delle trattative saranno il sottosegretario alla Cultura britannico, Lord Parkinson, e la sua controparte greca, Lina Mendoni. Lina Mendoni negli ultimi mesi ha seguito anche le trattative con la Regione Sicilia per la restituzione del frammento Fagan, sito al Salinas di Palermo. Punto focale dell’accordo è la proposta del premier ateniese Kyriakos Mitsotakis: le sculture torneranno ad Atene sulla base di un prestito a lungo termine e in cambio a Londra verranno fornite delle opere d’arte antica attualmente conservate in Grecia.

Fondamentale è il mediare dell’Unesco. A rallentare le pratiche troviamo il governo britannico, pronto a sostenere che la decisione della restituzione dei marmi spetti al British Museum in quanto custode delle opere, di contro il museo sostiene che sia il Parlamento a dover promulgare un decreto che metta fine alla disputa.

Fregio del Partenone, dettaglio delle Panatenaiche (©Reporter in viaggio)
Lord Elgin e il deturpamento del Partenone

Dalla prima richiesta di restituzione si formarono due gruppi ben distinti. Il primo gruppo a sostegno della totale legittimità con cui i marmi sono stati spostati da Lord Elgin e di conseguenza la legittimità del British Museum a conservarli ed esporli; il secondo si schierò a sostegno della restituzione totale delle sculture alla città di Atene come legittima proprietaria.

L’azione di Lord Elgin, all’inizio del XIX secolo, in vece di ambasciatore del governo britannico presso l’Impero Ottomano, si concretizzò nella rimozione di alcune statue da lui ritenute rovinate e bisognose di restauro dall’acropoli di Atene. L’atto portò alla rimozione e al trasporto di 15 metope, 17 figure frontali, una cariatide dell’Eretteo e 56 pannelli (circa 80 metri) del fregio del Partenone. A Londra, Elgin provò a vendere i reperti al Governo inglese e la vicenda fece scalpore. Tuttavia nel 1816 il Parlamento acquistò i Marmi che tutt’ora sono esposti nel British Museum.

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NEWS | Reperto Fagan, la Regione Siciliana restituisce alla Grecia il frammento del Partenone

Il frammento della lastra appartenente al fregio orientale del Partenone, il cosiddetto Reperto Fagan, potrà restare per sempre in Grecia. L’ok arriva dalla Regione Siciliana, a dare la notizia è Alberto Samonà, assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità Siciliana.

Frammento Fagan, in foto l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Alberto Samonà
Il frammento Fagan

Raffigurato nel frammento del fregio del Partenone è  il piede di una Dea, si ipotizza Artemide seduta in trono, adornato da meravigliosi drappeggi della veste. Dallo scorso 10 gennaio, il frammento si trova già al Museo dell’Acropoli di Atene dove, nel corso di una cerimonia a cui ha preso parte il premier greco Kyriakos Mitsotakis, è stato ricongiunto al fregio originale da cui era stato asportato.

Il reperto archeologico, databile al V secolo a.C., giunse all’inizio del XIX secolo nelle mani del console inglese Robert Fagan in circostanze non del tutto chiare. Alla morte di quest’ultimo fu lasciato in eredità alla moglie che lo vendette tra il 1818 e il 1820 al Regio Museo dell’Università di Palermo, l’attuale Museo Archeologico A. Salinas.

Frammento Fagan, il piede di Dea (fonte ©ANSA)
Via libera alla sdemanializzazione

Il destino del frammento è stato una delle questioni più dibattute di sempre in ambito archeologico. Grazie all’ esito degli accordi dei mesi scorsi tra il Governo della Regione Sicilia e il Governo di Atene, è stato deciso il ritorno del frammento in marmo pentelico nella capitale greca. Con la delibera di Giunta è stato dato il consenso alla sdemanializzazione del bene, ossia l’atto tecnico necessario per la definitiva restituzione del bene.

Ad oggi si attende unicamente il nulla osta finale del Ministero della Cultura. Così facendo la Sicilia si pone come apripista per il ritorno in Grecia dei frammenti dell’opera di Fidia

Inoltre, ai sensi dell’art.67 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e grazie all’accordo tra i due governi, a febbraio da Atene è arrivata a Palermo un’importante statua acefala della Dea Atena, databile al V secolo a.C. e che resterà nelle sale del museo Salinas per quattro anni. Al termine del periodo giungerà al suo posto un’anfora geometrica.

Museo Salinas, statua acefala di Atena, fine V secolo a.C. (©Ansini Chiara)
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NEWS | Progetto “Montevergine”, a Catania riparte lo scavo di Palazzo Ingrassia

Riparte il progetto “Archeologia partecipata” presentato lo scorso 7 luglio, con protagonista il cantiere di scavo di Palazzo Ingrassia. Un progetto che consente agli studenti e agli abitanti del quartiere di toccare con mano l’archeologia in un’esperienza pubblica e partecipata.

Palazzo Ingrassia, ingresso all’area di scavo
Archeologia partecipata

Il Progetto Archeologico di Montervergine vede per protagonisti gli studenti del corso di laurea triennale in Beni culturali e laurea magistrale in Archeologia del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania.

Nato nel 2019 da un’iniziativa dell’Università degli studi di Catania, è divenuto realtà il 7 luglio scorso: promosso dall’Ateneo catanese, in collaborazione con la Sovrintendenza ai Beni Culturali e Ambientali e il Parco archeologico di Catania, con il supporto logistico dell’amministrazione comunale e con la collaborazione del comitato popolare Antico Corso, il progetto ha ripreso le sue attività di ricerca e di archeologia partecipata proprio l’11 maggio scorso.

Il piano ha una durata di tre anni e prevede interventi di valorizzazione dell’area, con specifiche azioni di archeologia pubblica e partecipata dirette agli abitanti del quartiere così come a visitatori e turisti della città di Catania.

Area di scavo
Lo scavo di Palazzo Ingrassia

Il progetto è finalizzato ad approfondire la conoscenza delle fasi di occupazione della collina di Montevergine e favorire la rinascita socioculturale dei quartieri Antico Corso e San Nicolò l’Arena che rappresentano delle vere e proprie periferie del centro storico.

In questa campagna di scavo, gli allievi dei corsi di studio del DISUM entreranno in azione insieme agli abitanti del quartiere, coadiuvati dagli studenti del Liceo Artistico Emilio Greco e del Liceo linguistico Lombardo Radice di Catania. A coordinarli è la docente Simona Todaro, insieme a Michela Ursino della Soprintendenza ai Beni archeologici e Ambientali di Catania, e Gioconda Lamagna, direttore del Parco archeologico e paesaggistico di Catania e della Valle delle Aci.

“Le attività ruotano attorno ad una trincea di scavo aperta all’interno del giardino di via Biblioteca che, strategicamente collocato tra piazza Dante, punto di ritrovo della popolazione del quartiere, e gli edifici che ospitano i locali dell’università, rappresenta una sorta di cerniera ideale tra due mondi che non si sono mai integrati veramente“, spiega l’archeologa Simona Todaro, docente di Archeologia Sperimentale del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania.

Alcuni reperti provenienti dal saggio di scavo
Scavare trincee per costruire ponti

Le operazioni di apertura e messa in sicurezza del cantiere di scavo sono state compiute in tempi brevissimi dai tecnici della ditta Di Maria Costruzioni di Santa Venerina. La ditta, operante nel centro storico etneo, oltre a mettere a disposizione un miniscavatore e un operaio per la rimozione del terreno estratto a seguito del primo scavo del dicembre scorso, ha provveduto con mezzi propri alla realizzazione di una recinzione in ferro e alla messa in sicurezza l’area di scavo.

La recinzione non rinnega lo spirito partecipato delle fasi precedenti, ma rappresenta una misura necessaria e imprescindibile per continuare in sicurezza l’impresa di scavare trincee per costruire ponti, per parafrasare una felice espressione di Salvo Castro, presidente del Comitato popolare Antico Corso“, spiega l’archeologa responsabile del progetto, Simona Todaro.

Attività di scavo presso il Giardino di Via Biblioteca, Palazzo Ingrassia
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NEWS | Brescia, la città illuminata corre verso il 2023

Bergamo e Brescia, due delle città maggiormente colpite dalla pandemia, sono state scelte come le capitali della Cultura nel 2023. A presentare l’iniziativa è stato l’assessore regionale alla Cultura e Autonomia, Stefano Bruno Galli che, insieme al collega bresciano Fabio Rolfi, ha visitato alcune realtà culturali della città.

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La Leonessa torna a risplendere dopo la pandemia

Brescia sarà al centro dell’attenzione nazionale e internazionale.

Dalla Regione Lombardia c’è un impegno straordinario di risorse e di energie per fare in modo che il 2023 lasci un segno a lungo termine, faccia risplendere questa città come grande realtà culturale, fortemente attrattiva. “Oggi ho avuto modo di visitare due eccellenze, scambiando idee e progetti per il futuro” afferma Stefano Bruno Galli che, insieme al collega Fabio Rolfi, ha visitato alcune realtà culturali della città. La prima tappa è stata la sede della LABA in via Don Vender per poi proseguire verso la sede del Festival pianistico Internazionale in piazza Paolo VI.

“Abbiamo stanziato 6 milioni di euro per le infrastrutture, oltre alla previsione di investimenti in deroga alla programmazione annuale e triennale di settore. Sono risorse che serviranno per la via ciclabile tra Bergamo e Brescia, animata da impianti culturali, e per la mobilità sostenibile. Abbiamo fatto anche un investimento straordinario da 500.000 euro per gli eventi che animeranno la rassegna”.

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Due città, una Capitale della Cultura

Prende corpo il percorso di “Brescia e Bergamo capitali italiane della cultura 2023”. Il progetto è realizzato con la volontà di sfruttare questo evento a lungo termine per rilanciare l’attrattività e favorire la ripartenza economica attivando pratiche culturali, imprenditoriali e istituzionali. La base della progettualità sarà la cultura che svolgerà un ruolo importante a servizio dello sviluppo sociale ed economico per la realizzazione di una città allargata, radicata, e policentrica. Una città pronta a rappresentare una realtà costituita da eccellenze nel campo del lavoro, dell’impresa, della tecnologia, della solidarietà e dell’inclusione sociale.

Logo capitale della cultura Bregamo – Brescia

Galli ha dichiarato: “Queste due città sono tra le più colpite dalla pandemia. Sceglierle come capitali della cultura è anche un riconoscimento al patrimonio diffuso e alle meraviglie artistiche che le caratterizzano. Per questo abbiamo lavorato e continueremo a lavorare con istituzioni, associazioni e realtà del territorio affinché questo evento sia visto come un patrimonio globale delle città, un termine da cui partire anche a livello economico nella fase post pandemica, utilizzando la cultura come leva privilegiata per lo sviluppo”.