Autore: Carmen Morabito

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NEWS | Sicilia, quando l’archeologia non conta: nomine nonsense per i Parchi archeologici

Il 15 giugno scorso sono state rese note le nomine dei nuovi direttori dei Parchi archeologici siciliani: soltanto due di essi sono archeologi! I decreti assessoriali preferiscono lasciare tale incarico ad architetti, geologi e agronomi, molti dei quali non hanno mai svolto alcun servizio nell’Assessorato dei Beni Culturali.

Il vano titolo di “archeologo”!

Da mesi, infatti, si parla delle preoccupanti novità che potrebbero interessare il mondo dell’Archeologia preventiva. Allo stesso modo, da giorni si parla della disavventura di Niccolò Daviddi. E sulla stessa scia si colloca, appunto, la sconcertante rimodulazione del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali.

Siamo davanti all’ennesimo schiaffo dato a una classe di lavoratori specializzati che vede vanificare i molti anni di studio e ricerche. Ancora una volta, notiamo che la selezione della classe dirigente degli Istituti Regionali di tutela non avviene sulla base di una valutazione meritocratica dei titoli scientifici e di servizio. Addirittura, tale scelta pare prescindere dallo stesso possesso dei requisiti professionali richiesti dalle leggi regionali e nazionali.

Le leggi in materia di Beni Culturali

L’art. 9 bis del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, successivamente attuato nel D.M 244/2019, prescrive che la responsabilità dei compiti di tutela e valorizzazione dei beni archeologici debba essere assegnata ad archeologi con un ben determinato curriculum. Inoltre, alcune nomine contravvengono la stessa legge regionale n. 20/2000, che ha istituito il sistema dei Parchi archeologici siciliani: l’articolo 22, comma 1 recita «l’incarico di direttore di Parco è conferito, a tempo determinato, dall’Assessore ad un dirigente tecnico in servizio presso l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali».

Area Archeologica di Solunto (immagine via Beni Culturali Online)

Altre nomine nonsense?

Dopo le nomine dirigenziali, si attendono con preoccupazione quelle di centinaia di responsabili delle unità operative degli Istituti di tutela: posizioni che solo in Sicilia sono considerate dirigenziali e, soprattutto, senza nessuna garanzia del rispetto dei requisiti professionali richiesti dalle mansioni tecnico scientifiche rivestite.

Tutto ciò non è una novità nel panorama culturale siciliano. Da molti anni, infatti, le sezioni archeologiche, storico-artistiche e bibliografiche sono affidate alla responsabilità di architetti, ingegneri e geologi. Figure ben lontane dai funzionari a cui il Ministero della Cultura, assegna gli stessi incarichi. Figure professionali che non mancherebbero sul territorio isolano se solo gli si lasciasse il giusto spazio.

Ad aggravare questo caos organizzativo è giunto il D.P.R.S. n. 9 del 5 aprile 2022, pubblicato in GURS il 1° giugno 2022, con il quale l’esecutivo regionale ha soppresso la distinzione disciplinare delle Sezioni tecnico scientifiche (L.R. 80/1977 ancora vigente) e dei rispettivi direttori. Questi, ai sensi della L.R. 116/1980, avevano la competenza di emanare gli atti di tutela relativi a ciascuna area di competenza.

Una delle decorazioni musive della Villa Romana del Casale di Piazza Armerina (immagine via LiveUniCt)

Tiriamo le somme

In conclusione, il Governo regionale sovverte la gerarchia delle fonti del diritto, poiché fa prevalere un atto amministrativo su una norma legislativa; sopprime le Sezioni tecnico scientifiche delle Soprintendenze; trasforma i “Parchi archeologici siciliani” da organi di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico e paesaggistico in megaservizi burocratici che dovrebbero gestire tutte le aree archeologiche e i musei provinciali. Dulcis in fundo, il tutto è condito dall’assenza di personale direttivo scientifico qualificato.

CIA, insieme alle associazioni di tutela Italia Nostra, Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli e Associazione Memoria e Futuro, alle quali si unisce l’Associazione culturale ArcheoMe, esprimono il loro sconcerto dinnanzi a una situazione che continua a schiaffeggiare un’intera categoria di studiosi e lavoratori.

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NEWS | L’archeologo Niccolò Daviddi licenziato per aver detto la verità

Niccolò Daviddi, archeologo intervistato da Agorà, ha pagato la sua scelta di dire la verità. Il giovane ha raccontato alle telecamere la paga ridotta (6 euro l’ora) che lui e i suoi colleghi sono costretti ad accettare pur di lavorare.

Niccolò ha denunciato lo sfruttamento di questa classe di lavoratori e la paga oraria ben al di sotto di quanto approvato recentemente dall’Europa. E per averlo fatto, pur senza mai citare la cooperativa presso la quale prestava servizio come, ha perso il suo lavoro. Essendo un libero professionista, non si può parlare propriamente di “licenziamento”, ma l’effetto è ovviamente quello.

Le parole di Niccolò Daviddi

Volevo dirvi che sono stato licenziato – ha scritto a una pagina Twitter che da sempre si occupa di problemi relativi a questo settore -. Cioè, naturalmente non licenziato in senso tecnico: dato che lavoro a partita Iva, neppure quell’onore posso permettermi. Ma ieri sera, poche ore dopo che il video del servizio era stato condiviso in un grosso gruppo Facebook di archeologi, sono stato rimosso (senza alcuna comunicazione) dalla chat Whatsapp in cui la cooperativa assegnava le commissioni per i vari cantieri. Quindi, ho perso il lavoro. Mi sembra giusto raccontarlo, perché è segno di dove siamo adesso: siamo ricattabili e ricattati. Non avevo raccontato nulla su quella cooperativa, avevo parlato di un sistema che non va: compensi orari medi intorno ai 6€/h, obbligo di aprire la partita IVA per lavorare. Lavoro “da libero professionista” che in realtà si configura come lavoro para-dipendente senza diritti. Una cosa che qualsiasi archeologo romano, ma vorrei dire italiano, sa. A quanto pare però si può sapere, si può fare, ma non si può dire.

Un frame dall’intervista a Daviddi

L’ingiustizia secondo Niccolò Daviddi

Come sostiene lo stesso Niccolò Daviddi, la sua polemica è contro un sistema generale che vede l’archeologo specializzato sfruttato e sottopagato. Eppure, per lavorare vengono richiesti titoli superiori per il cui ottenimento bisogna investire i propri risparmi, cercare lavori part-time. Il 32enne ha solo esposto la sua delusione nel non venirsi corrisposto il giusto compenso per gli anni di studio e i soldi investiti. Non ha chiesto la luna!

A quanto pare, per il sistema italiano il termine meritocrazia è solo un’utopia e certe affermazioni si pagano con il licenziamento.

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NEWS | Finanziato il progetto di recupero della Cripta del Duomo di Messina

Arriva l’ok di Palermo, si interverrà per la messa in sicurezza, valorizzazione e fruizione della preziosa cripta del Duomo di Messina. La decisione del governo Musumeci ha permesso di stanziare 524 mila euro per l’attuazione del progetto presentato dalla Soprintendenza. Grazie all’azione sinergica di Soprintendenza, autrice del progetto di riqualificazione, Regione, Curia e Comune di Messina, presto si realizzerà quello che era uno dei sogni di Franz Riccobono. Dichiara Samonà: “Restituiamo così uno dei luoghi più belli e significativi di Messina”.

Sopralluogo della Cripta, in foto Mirella Vinci

Un tesoro nascosto

“Lo scorso anno, insieme a Franz Riccobono, uno dei figli più illustri di Messina scomparso nelle scorse settimane, avevamo compiuto un sopralluogo nella Cripta. I tecnici della Soprintendenza, guidata da Mirella Vinci, hanno presentato il progetto, in base al quale il governo Musumeci ha stanziato oltre 500 mila euro per il recupero della cripta” ha riferito l’Assessore dei beni culturali e dell’identità siciliana Alberto Samonà.

A quasi un anno da quell’incontro servito a riaccendere i riflettori della Regione su uno dei tesori nascosti di Messina, l’impegno preso da Samonà trova attuazione.  I fondi provengono dall’Assessorato alle Infrastrutture, guidato dall’Assessore Marco Falcone, e verranno affidati al Comune di Messina che avrà il compito di stazione appaltante dei lavori che si dovranno effettuare.  

La Soprintendente Mirella Vinci, annuncia sui social la splendida notizia e pone l’accento sull’impegno da sempre profuso dal dipartito Franz Riccobono per la riqualificazione di tutti i tesori nascosti di Messina. Una sorta di dedica che di certo farà onore all’amore per Messina sempre profuso dall’intellettuale. 

il tesoro nascosto chiuso da anni al pubblico

Il progetto di riqualificazione

L’obiettivo è riaprire la Cripta di Messina alla fruizione pubblica, ponendo un definitivo riparo alla perdita dei magnifici stucchi e restituendo ai messinesi un bene preziosissimo. Dichiara Mirella Vinci: “Anche questa è fatta. La Cripta del Duomo di Messina sarà restaurata e ritornerà fruibile grazie all’impegno degli Assessori regionali Samonà e Falcone della Giunta Musumeci, del Comune di Messina, del progetto della Soprintendenza e di tutti coloro che si sono impegnati per individuarla come luogo del cuore. Dedicato a Franz”. 

Il lavoro riguarderà la messa in sicurezza dell’impianto della Cripta, ormai compromesso dalle infiltrazioni di acqua che in questi anni hanno prodotto il lento deterioramento di stucchi e pitture. Si prevede la creazione di un sistema di accesso più agevole, dotato anche di pedane e passerelle adatte a un pubblico con difficoltà motorie. Fiore all’occhiello, infine, sarà la possibilità di ammirare le due pavimentazioni originarie: il pavimento marmoreo normanno e il lacerto seicentesco, fino a oggi conservato presso il Seminario arcivescovile  di Messina e presto ricollocato. 

Cripta di Messina ©archivio Riccobono

Le meraviglie della Cripta

Il bene monumentale rappresenta l’unica testimonianza dell’edificio sacro medievale. Ciò che più affascina è sicuramente la fitta decorazione a stucco, originaria del ‘600 e i motivi fitomorfi (arricchiti da medaglioni ovali un tempo rappresentanti figure di santi messinesi e cartigli) che ornano le volte e le pareti. Infine, gli interventi della Soprintendenza hanno documentato anche la presenza di strutture di età imperiale, databili tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C.

Il presidente Nello Musumeci afferma: “Si tratta del rispetto di un impegno che avevo preso con la città e con uno dei suoi figli più illustri, lo studioso di storia patria Franz Riccobono, scomparso qualche settimana fa. I terremoti e le alluvioni, che nei secoli si sono abbattuti sulla città dello Stretto, non hanno minimamente alterato la grande suggestione del sito”.

Accadde oggiApprofondimento

APPROFONDIMENTO | L’indimenticabile Andrea Camilleri, maestro del dialetto letterario

Nel secondo anniversario dalla sua scomparsa, ArcheoMe ricorda il grande maestro Andrea Camilleri.

Lo scrittore Andrea Camilleri

Siciliano doc, nasce a Porto Empedocle (AG) nel 1925, ma passa gran parte della sua vita a Roma, dove muore il 17 luglio 2019. Fu regista e autore teatrale, radiofonico e televisivo, sin dal 1949; letterato colto e curioso, scrisse anche diversi saggi sullo spettacolo. Alla Rai, nelle vesti di sceneggiatore, legò il proprio nome a personaggi quali il tenente Sheridan e il commissario Maigret. Col passare degli anni, si affiancò anche al mondo della narrativa: nel 1978 esordisce con il primo romanzo, Il corso delle cose, scritto nel lontano 1967. Tuttavia, la sua consacrazione come scrittore di successo arriva solo nel 1994, con la pubblicazione de La forma dell’acqua: primo di una sfilza di libri con protagonista il famoso Commissario Montalbano.

camilleri dialetto
La forma dell’acqua, il primo romanzo dedicato al Commissario Montalbano

La narrativa di Camilleri si può condensare in due filoni, entrambi nati dallo studio sulla storia della sua Sicilia: i romanzi polizieschi e i romanzi storici, ambientati sull’isola. In verità, spesso il contenuto degli uni e degli altri si sovrappone e si mischia in quel prodotto letterario tanto amato da molti.

I romanzi polizieschi hanno come protagonista Salvo Montalbano, un simpatico commissario di polizia di Vigata (cittadina immaginaria), dagli atteggiamenti molto umani. Infatti, uomo ghiotto di specialità isolane e bravissimo nello risolvere casi di omicidi, mafiosi e non, Montalbano viene rappresentato anche con le sue debolezze umane. Ma il caro Salvo non è solo il personaggio centrale dei romanzi, è anche il perno attorno a cui ruota l’espressione linguistica dell’autore.

Luca Zingaretti e Andrea Camilleri in “Salvo Montalbano”
Il dialetto letterario di Camilleri

Camilleri aveva un modo tutto particolare di far parlare i suoi personaggi e di raccontare le vicende. Egli faceva molta attenzione all’uso del dialetto o delle altre varietà linguistiche. Diversi si sono cimentati nello studio di questo aspetto e hanno riconosciuto ben cinque varietà linguistiche utilizzate dall’autore. La straordinarietà è che ognuna di queste ha una funzione ben precisa all’interno del testo:

  1. dialetto siciliano locale, che ricalca quello di Porto Empedocle (AG): utilizzato per far dialogare i personaggi, per esprimere proverbi e sinonimi;
  2. varietà mista, in cui il dialetto siciliano viene strettamente integrato nel discorso in italiano: usato nella descrizione di azioni e stati d’animo legati alla figura di Montalbano, nonché nei discorsi dei mafiosi;
  3. dialetto paragonato all’italiano: la lingua siciliana non potrebbe essere spiegata se non venisse messa a paragone con i pochi brani in italiano. Questa varietà è utilizzata per trattare temi di attualità e per esprimere i commenti dell’autore;
  4. dialetto di Catarella: questo personaggio si esprime in una lingua che si può definire maccheronica, un miscuglio di italiano burocratico e formale, italiano popolare e dialetto. Come è noto al pubblico, questo tipo di lingua crea situazioni altamente comiche;
  5. altri dialetti: come spiega l’autore stesso, l’uso di dialetti diversi dal siciliano serve a far intendere la difficoltà del personaggio di capire il mondo siciliano.

Seppur diversamente criticato, ma anche largamente apprezzato, Andrea Camilleri fu uno dei più grandi autori della letteratura italiana del ‘900. Il suo modo di scrivere e descrivere la «bella Sicilia» non è passato inosservato e, siamo certi, è già parte dei libri di scuola.

 

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NEWS | Apre la “Catasta”, il primo hub turistico per scoprire il Parco del Pollino

In un periodo in cui il termine “hub” è associato ai centri vaccinali, la Calabria si scosta dal senso conosciuto e vira sul patrimonio culturale. La “Catasta”, così chiamata per la particolare forma architettonica, sarà il primo hub turistico e di culture nel Parco Nazionale del Pollino. Si inserisce nel territorio di Morano sul pianoro di Campotenese (CS), vantando un’invidiabile posizione tra 69 geositi UNESCO. Sarà inaugurata a metà luglio.

La grande opera architettonica dalla forma iconica evoca una catasta di legno, da cui il nome del progetto. Realizzata dall’Ente Parco Nazionale del Pollino, è concepita per integrarsi nel vasto scenario naturalistico e agricolo.

Cosa offre

Il centro è dotato di uno spazio didattico-espositivo e della libreria del Pollino, in cui si svolgeranno eventi culturali e formativi. Immancabile, poi, il ristoro dedicato alle cucine del Pollino con la bottega dei prodotti del Parco. È, quindi, un progetto multidisciplinare di promozione del vasto territorio condiviso dalla Basilicata e dalla Calabria. Un hub turistico in cui sono chiamate a partecipare le comunità locali e chi opera nel territorio, nell’ottica della ben nota Convenzione di Faro.

Ingresso all’hub – foto: Catasta Pollino

Al suo interno, l’area espositiva è corredata di pannelli didattico informativi e ausili tecnologici che raccontano il grande patrimonio naturalistico, geologico e culturale del Pollino. Inoltre, l’attività divulgativa dei tesori del Parco è fortemente sostenuta dal punto ristoro con caffetteria che valorizza la cultura gastronomica del territorio: le specialità e i piatti della tradizione, le storie dei piccoli produttori. La “Catasta” ha anche allestito la bottega con i prodotti locali, con tanto di enoteca e olioteca. Il mondo del Pollino è anche il tema portante della libreria allestita nello spazio living, che propone al visitatore una vasta produzione editoriale.

La “Catasta” si rivolge, infine, al mondo dei cicloturisti: ricade proprio sul tratto Morano-Mormanno della Ciclovia dei Parchi della Calabria.

In copertina e ove non specificato: foto di Catasta Pollino.

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NEWS | Sicilia, a Centuripe (EN) approda la mostra con “Eros e Psyche”

Nel comune di Centuripe (EN), precisamente a Carcaci, pochi giorni fa è stata inaugurata l’installazione “Eros e Psyche”. All’evento hanno presenziato l’artista Renato Leotta, i curatori Claudio Gulli e Pietro Scammacca e il sindaco Salvatore La Spina. La mostra prevede la dislocazione, in un contesto rurale e urbano, di immagini archeologiche e arcaiche. Sarà visitabile fino al 26 settembre 2021.

Eros e Psyche
L’installazione “Eros e Psyche” nella mostra di Centuripe (EN) – foto: Salvatore La Spina
Eros e Psyche in Una Boccata d’Arte

L’installazione fa parte di un progetto nazionale che coinvolge 20 comuni in altrettante regioni italiane: Una Boccata d’Arte. Tale progetto, poi, è stato realizzato grazie alla collaborazione tra la Fondazione Elpis di Milano e la Galleria Continua di San Gimignano (FI). Chiaramente, lo scopo è quello di valorizzare i borghi italiani con opere site-specific, realizzate appositamente da giovani artisti di fama internazionale.

Eros e Psyche

A ispirare il nome della mostra diffusa è una statuetta in terracotta di Eros e Psiche che si abbracciano. Datata al II secolo a.C., è stata ritrovata a Centuripe (EN) ed è attualmente parte della collezione del British Museum. L’artista, quindi, ha pensato un percorso museale all’aperto, ricostruendo così un’ipotetica sezione temporanea del Museo Archeologico Regionale.

Eros e Psyche
Statuetta di terracotta con Eros e Psyche che si abbracciano, II-I secolo a.C. – ©The Trustees of the British Museum
Orgoglioso il sindaco di Centuripe (EN)

«È l’inizio di una nuova stagione per Centuripe» – commenta il sindaco Salvatore La Spina – «Uscire dalla pandemia con un progetto importante come Una Boccata d’Arte è un dono. Le straordinarie opere di Leotta emergono dal nostro territorio a ricordare l’immensa ricchezza archeologica del nostro Paese; ma non rivendicano nulla, sono semplicemente un omaggio alla bellezza dell’arte e del paesaggio».

Il sindaco ha poi elencato il fitto programma di appuntamenti artistici che interesseranno la cittadina. A breve, infatti, si prevede l’inaugurazione del nuovo polo espositivo con una mostra sulla grafica del Novecento. Questa presenterà opere di Picasso, Mirò, Kandinskij, De Chirico e tanti altri; inoltre, per la prima volta, saranno visibili anche delle pitture rupestri risalenti al Neolitico. Non poteva poi mancare il Festival Internazionale del Cinema Archeologico e il ritorno del superbo ritratto di Augusto. Infine, in onore della sicilianità, non poteva mancare il concerto del Coro Lirico Siciliano.

Tutte le foto delle installazioni della mostra di Centuripe (EN) presenti nell’articolo sono a cura del sindaco Salvatore La Spina.

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NEWS | Riforma Franceschini: il MiC inaugura la “Soprintendenza Speciale” per il controllo dei fondi PNRR

Il Consiglio dei Ministri ha approvato un’altra parte della riforma Franceschini: nasce, in seno al Ministero della Cultura, la Soprintendenza Speciale per il Recovery. Si tratta di una Soprintendenza unica a livello nazionale che si occuperà delle autorizzazioni per le grandi opere.

Grazie a tale approvazione vengono istituiti quattro nuovi musei autonomi: il Museo Nazionale per l’Arte Digitale, il Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia (VT), il Parco Archeologico di Sepino (CB) e la Pinacoteca Nazionale di Siena.

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La Necropoli della Banditaccia nel Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia (VT) – foto: MiC
I nuovi musei autonomi

All’interno del Parco Archeologico di Sepino (CB) è possibile visitare i resti dell’antica città romana sorta nella valle del Tammaro. Oltre a ciò, anche il Museo della città e del territorio.  

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La città romana di Sepino-Altilla – Parco Archeologico di Sepino (CB)

La Pinacoteca Nazionale di Siena, invece, ospita la più importante collezione di dipinti su tavola, a fondo oro, del Trecento e Quattrocento senese.

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La Pinacoteca Nazionale di Siena

Il Museo dell’Arte Digitale è il primo polo italiano interamente dedicato alla produzione e presentazione di contenuti digitali.

Infine, il Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia (CB) comprende la Necropoli della Banditaccia, la più estesa dell’area mediterranea; nonché il Museo Archeologico nazionale di Tarquinia e la Necropoli di Monterozzi.

L’affresco sulla parete centrale della Tomba dei Leopardi nella Necropoli di Monterozzi, Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia (VT) – foto: MiC
Entusiasmo per il Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia

Il sindaco di Tarquinia (VT), Alessandro Giulivi, commenta così l’istituzione del nuovo Parco: «Accogliamo questa notizia con grande entusiasmo. Siamo pronti a metterci a lavoro in sinergia con Cerveteri per valorizzare il nostro Museo e la Necropoli. Il lavoro di promozione e tutela non può assolutamente prescindere dalla programmazione. E i fondi del Recovery daranno la spinta fondamentale per far ripartire l’economia culturale. Ringraziamo quindi il ministro Franceschini e tutto il Ministero per il lavoro svolto. Attendiamo ora di capire come procedere per intraprendere questo nuovo cammino verso il nuovo futuro culturale della nostra città».

Alessandro Giulivi, sindaco di Tarquinia (VT)
La nuova Soprintendenza per il Recovery

La nuova Soprintendenza Speciale per il Recovery è chiamata a tutelare i beni culturali e paesaggistici interessati dagli interventi del Recovery Plan. Per fare capo alla nuova istituzione, questi interventi devono avere delle caratteristiche: essere sottoposti a Valutazione di Impatto Ambientale o rientrare nel territorio di almeno due uffici periferici del Ministero.

Emblematico il commento del ministro Franceschini che asserisce: «Il MiC si ristruttura per poter vincere la sfida del Recovery; si prepara così alle sfide del futuro e all’impegno per assicurare la massima celerità alla realizzazione delle opere del Recovery Plan, garantendo il pieno rispetto del dettato costituzionale riguardo la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale».

Dario Franceschini, ministro della Cultura

In copertina: affreschi all’interno della Necropoli della Banditaccia nel Parco Archeologico di Cerveteri e Tarquinia (VT), uno dei quattro Istituti coinvolti nella Soprintendenza Speciale – foto: Scoprendo Roma.

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NEWS | Archeologia Subacquea in Sicilia, nuovi tesori riemergono dal mare di Filicudi (ME)

Il mare antistante Filicudi (ME) ha restituito altri splendidi tesori. Si tratta di tre anfore integre, individuate durante le operazioni di controllo effettuate dalla Soprintendenza del Mare. La soprintendente Valeria Li Vigni ha presenziato alle operazioni assieme a Pietro Selvaggio del Nucleo subacqueo. Non poteva mancare l’ispettore onorario per i Beni Culturali sommersi delle Isole Eolie, Salvino Antioco. In aggiunta, la collaborazione dell’armatore del catamarano, Kaskazi Four, e dell’associazione Attiva Stromboli è stata determinante nel recupero.

I reperti rinvenuti nel mare di Filicudi (ME) – foto: Alberto Samonà

«Siamo stati tempestivi – dice la soprintendente Valeria Li Vigni – in un’operazione di monitoraggio e recupero che ha salvaguardato la pubblica fruizione dei beni, che da oggi saranno visibili al Museo Archeologico di Lipari “Bernabò Brea”, nella sezione distaccata di Filicudi. Un’operazione che ci riempie quindi di gioia e ci motiva giornalmente nell’attività di vigilanza, recupero e tutela dei beni custoditi in fondo al mare».

La soprintendente Valeria Li Vigni
LE ANFORE DI FILICUDI

Il ritrovamento riguarda due anfore di più piccole dimensioni, della tipologia MGS 2 (datata al III secolo a.C.), e una più grande della tipologia greco-italica (datata al II secolo a.C.). Quest’ultima, in particolare, porta inscritta la lettera greca eta interpretata come la probabile sigla del costruttore, effettuata prima della cottura. Inoltre, insieme a questo gruppo, sono stati rinvenuti alcuni frammenti di un’anfora del tipo Keay XXV, di provenienza tunisina. Tutti i reperti saranno visibili al MArE di Lipari.

Frammenti dell’anfora del tipo Keay XXV – foto: Alberto Samonà
Le due anfore del tipo MGS 2 – foto: Alberto Samonà

«Il mare delle Eolie – sottolinea l’assessore ai Beni Culturali Alberto Samonà – si rivela ricco di reperti che testimoniano la vitalità dei traffici commerciali che hanno animato il mare della Sicilia nel passato. Ancora una volta, la collaborazione tra le associazioni e la Soprintendenza del Mare si è rivelata preziosa. Ha consentito di recuperare e proteggere un prezioso patrimonio che rimane nella sua sede di ritrovamento, nel senso di una continuità di lettura».

L’assessore Alberto Samonà

Infine, alle parole dell’assessore fanno eco quelle del direttore del Parco Rosario Vilardo: «Il Parco archeologico delle Eolie è felice di accogliere ed esporre nelle sue sale il prezioso patrimonio recuperato dalla Soprintendenza del Mare. Un’operazione che permette quindi di mantenere sul posto ciò che è stato restituito dal mare; nel segno di un’unitarietà di lettura scientifica che ci consente di ricostruire, nelle sale museali delle Eolie, oltre 8000 anni di storia testimoniata».

Rosario Vilardo, direttore del Parco e del Museo di Lipari – foto: Tempo Stretto
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NEWS | Firenze, dopo i batteri anche il laser per il restauro della Testa Lorenzini

L’utilizzo di metodi scientifici si sta rivelando una risorsa sempre più fondamentale nel campo della conservazione dei Beni Culturali. Lo ha dimostrato il restauro delle sculture di Michelangelo nelle Cappelle Medicee di Firenze, effettuato con dei batteri. Adesso, è la volta del laser, utilizzato per l’intervento di pulizia della Testa Lorenzini.

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Il restauro delle sculture di Michelangelo con i batteri ENEA – foto: Sky Arte

Esposta al Museo Archeologico Nazionale di Firenze, la Testa Lorenzini è uno dei capolavori della scultura etrusca in marmo. In origine, probabilmente, era parte di una grande statua di culto, dedicata in un tempio dell’antica Volterra (PI).

Il restauro con il laser

L’opera è stata acquistata dal Ministero della Cultura nel 2019 ed è stata poi sottoposta all’intervento della restauratrice Daniela Manna. Per la pulitura è stato utilizzato un laser EOS 1000 LQS, messo a disposizione dall’azienda italiana El.En Group, leader nel settore optoelettronico. Così, grazie al laser, Daniela Manna ha liberato le superfici del volto e della capigliatura dalle incrostazioni calcaree che impedivano di apprezzare nel dettaglio la volumetria della testa e la qualità del marmo.

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Daniela Manna durante le operazioni di restauro della Testa Lorenzini – foto: Museo Archeologico Nazionale di Firenze

Infine, al termine dei lavori, la El.En Group ha donato l’apparecchiatura al Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Il Museo ha quindi spiegato, che la userà per altri interventi di restauro su altre opere in marmo, alabastro e pietra.

Stefano Casciu, direttore regionale Musei della Toscana, ha spiegato che: «La Testa Lorenzini è un capolavoro della scultura etrusca del V secolo a.C. Un caso unico perché è la testa di una grande statua di culto di un tempio di Volterra, non sappiamo esattamente quale, forse Apollo, ma un caso unico perché la gran parte di ciò che sappiamo dell’arte etrusca viene delle necropoli, dalle tombe». A queste parole si aggiungono quelle di Paolo Salvadeo, direttore generale El.En S.p.A.: «Facciamo iniziative di questo genere in tutta Italia, in modo particolare in questo periodo in cui l’Italia ne ha più bisogno per la ripartenza, ma lo abbiamo sempre fatto anche a livello internazionale».

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Il direttore Stefano Casciu, la restauratrice Daniela Manna, Paolo Salvadeo a fine restauro – foto: Museo Archeologico Nazionale di Firenze
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NEWS | 150 reperti “salvati dall’oblio” in mostra al MArRC

Pochi giorni fa, il 18 giugno 2021, il MArRC ha inaugurato la mostra Salvati dall’oblio. Tesori d’archeologia recuperati dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. L’esposizione, allestita nel suggestivo spazio della Piazza Paolo Orsi, sarà visitabile fino al 9 gennaio 2022.

La mostra è curata dal direttore Carmelo Malacrino, dal capitano Bartolo Taglietti, comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza, e dall’archeologo Maurizio Cannatà.

Il direttore del MArRC, Carmelo Malacrino, si è detto molto fiero della realizzazione di questa mostra. Essa, infatti, rappresenta un punto di svolta dopo la chiusura al pubblico determinata dalla pandemia. Inoltre, ha aggiunto il direttore: «Essa rappresenterà un valore aggiunto alla collezione permanente del Museo, entusiasmando gli animi e la vista dei calabresi e dei turisti che attendiamo numerosi». L’esposizione si avvale anche della collaborazione del Dipartimento di Culture, Educazione e Società dell’Università della Calabria e della Direzione Regionale Musei Calabria.

L’esposizione

Il percorso espositivo è diviso in tre sezioni tematiche, spiegate dalle parole del funzionario archeologo Cannatà. Esse presentano oltre 150 reperti archeologici, rinvenuti illecitamente o pronti per essere venduti sul mercato clandestino, recuperati dal Nucleo Carabinieri TPC di Cosenza. La prima sezione evidenzia il valore identitario che il patrimonio culturale riveste per l’intera collettività; l’importanza della sua tutela e della sua valorizzazione come valori fondamentali della nostra Nazione; il rapporto tra la Costituzione e la moderna legislazione contenuta nel Codice dei Beni Culturali. Nella seconda sezione, invece, sono descritti i compiti, le funzioni, le attività del Comando TPC e del suo nucleo calabrese, che hanno permesso di salvare dalla distruzione numerosi siti di interesse culturale, nonché di recuperare migliaia di opere d’arte trafugate illecitamente. L’ultima sezione descrive l’intensa attività dei tecnici del Ministero, Archeologi, Architetti, Storici dell’Arte e Restauratori, finalizzata a recuperare il valore culturale e storico dei beni.

Hydria a figure rosse del IV secolo a.C., recuperata con l’operazione “Purgatorio” del 2011 – foto: MArRC
Tazza daunia del VI a.C., recuperata nell’operazione “Bretti”, sequestro 2010 – foto: MArRC
L’inaugurazione della mostra al MArRC

All’apertura era presente anche il generale Roberto Ricciardi, comandante nazionale dei Carabinieri del TPC, che ha posto infatti l’accento sul profondo significato del tema trattato. «Essere presente all’inaugurazione è un vero piacere. La mostra, con il suo curato percorso espositivo, rende molto bene l’idea del grande lavoro svolto nel tempo dal Nucleo di Cosenza per la salvaguardia di un patrimonio straordinario; quello di una Regione ricca di storia e di cultura».

L’inaugurazione della mostra al MArRC

A queste parole hanno fatto eco quelle del direttore del museo: «Siamo dunque onorati di poter ospitare in Museo questi manufatti. Non soltanto per il contributo archeologico e di ricerca, ma soprattutto per il valore civile che essi testimoniano nei confronti della collettività.  L’obiettivo della mostra non è soltanto quello di esporre reperti archeologici che, diversamente, sarebbero rimasti sconosciuti in qualche vetrina di collezionisti privati, ma anche quello di descrivere e comunicare al pubblico l’eccezionale azione di contrasto alle attività illecite e ai reati contro il Patrimonio Culturale, condotta con orgoglio dai Carabinieri in sinergia con il Ministero della Cultura e con le sue diramazioni regionali. Ringrazio quindi l’Arma per le sinergie proficue messe in campo per la realizzazione di questa esposizione».