Autore: Antonino Nicolo’

Accadde oggi

3 ottobre 1935, inizia la Guerra d’Etiopia

L’Italia fascista alla conquista dell’Etiopia

La Guerra di Etiopia fu un conflitto armato fra l’Italia fascista e l’Impero di Etiopia. Si svolse tra il 3 ottobre 1935 e il 5 maggio 1936 e vide le truppe italiane vincere e conquistare la regione Abissina. Ma cosa spinse l’Italia a conquistare il territorio Africano?

Antefatti

L’Italia dell’immediato primo Dopoguerra voleva espandere la propria influenza coloniale in Africa, oltre l’Eritrea, la Somalia e la Libia. Riteneva, infatti, suo diritto avere un numero maggiore di colonie, al pari almeno delle altre potenze vincitrici del conflitto.

Nel 1926, Jacopo Gasparini, governatore italiano dell’Eritrea, stipulò contratti di amicizia nello Yemen del Nord, al confine col Protettorato di Aden (colonia britannica). Lo scopo era quello di allargare la propria influenza dal punto di vista economico, commerciale e politico. Tuttavia, Mussolini trascurò tale campagna coloniale, non volendosi, nei suoi primi anni di regime, nemicare gli ambienti liberali vicini alla Gran Bretagna. In Somalia, infatti, Cesare Maria De Vecchi aveva già occupato la regione meridionale dell’Oltregiuba nel 1925, proprio su concessione della Gran Bretagna.

Benito Mussolini

L’interesse dell’espansione coloniale italiana, però, crebbe progressivamente agli inizi degli anni Trenta. La causa va ricercata principalmente negli ideali del Duce, che voleva la ricostruzione di un’Impero Italiano sullo stile di quello Romano. A questo, inoltre, si aggiungeva il problema emigratorio italiano, che sarebbe stato facilmente arginabile con la conquista di colonie.

La guerra

Negli anni Trenta, l’Etiopia, governata dall’imperatore Hailé Selassié, era uno dei pochi paesi africani ancora indipendente. Proprio per questo motivo divenne la meta prediletta di Mussolini per iniziare la propria campagna coloniale.

Il 3 ottobre 1935, quindi, l’Italia dichiarò guerra all’Etiopia, sfruttando come pretesto una serie di incidenti reiterati tra soldati italiani ed etiopi (fra tutti, l’incidente di Ual Ual nel 1934). A condurre il conflitto fu inizialmente Emilio De Bono, poi continuato e concluso dal Maresciallo Pietro Badoglio. Nonostante le pesanti sanzioni economiche da parte della Società delle Nazioni, l’Italia perseverò nel conflitto e, il 5 maggio 1936, le truppe italiane entrarono nella capitale Addis Abeba, conquistando nelle successive 48 ore l’Abissinia.

Il 9 maggio 1936 terminò la Guerra, con Mussolini che proclamò la nascita dell’Impero Italiano e della A.O.I (Africa Orientale Italiana), composta da Eritrea, Somalia e Abissinia.

Cartina dell’Africa Orientale Italiana

Le conseguenze della guerra

Le conseguenze della guerra furono terribili. Persero la vita 275.000 soldati etiopi, con 500.000 feriti; 4.350 tra soldati e civili italiani e 4000 ascari, militi indigeni che combattevano con le forze coloniali.

In termini economici, invece, il 4 luglio 1936 la Società delle Nazioni revocò le sanzioni inflitte all’Italia, grazie soprattutto alle pressioni provenienti dai partner commerciali del Bel Paese. Proprio per questo motivo, la Guerra di Etiopia è ritenuta da molti storici il punto più alto del ventennio fascista.

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UCRAINA | Missili russi su Kharkiv: colpiti edifici civili

Al 138esimo giorno di guerra, continuano gli attacchi russi sulle città Ucraine. Questa volta è Kharkiv ad essere presa di mira, con alcuni palazzi colpiti da missili russi. Un attacco aggiuntivo è avvenuto nella cittadina di Chasov Yar, in cui si è registrata la prima strage di civili da quando i russi si sono concentrati nell’offensiva sul Donetsk. Dura la reazione di Pavlo Kyrylenko, mentre Mosca conferma gli attacchi nei quartieri residenziali di Donetsk. 

L’attacco a Kharkiv

Un missile russo ha colpito e, in parte, distrutto un edificio residenziale di sei piani nella città di Kharkiv. Non si hanno ancora certezze sulle vittime, ma già una donna anziana è stata estratta dalle macerie. Inoltre, è stato colpito un altro condominio, ma i servizi di emergenza hanno riferito che non saebbero state trovate vittime. Si contano anche due vittime nel villaggio di Zolochiv, sempre a Kharkiv, in seguito ad un altro bombardamento russo. 

Villaggio di Zolochiv, nella regione di Kharkiv

 

Il precedente attacco a Chasiv Yar

Nella giornata di domenica, altri tre missili avevano attaccato un palazzo nella cittadina di Chasov Yar. Si contano 18 morti, ma il bilancio rischia di essere provvisorio, in quanto si stanno ancora estraendo decine di persone, tra cui una bambina. È la prima strage di civili da quando i russi si sono concentrati nell’offensiva sul Donetsk.

Pavlo Kyrylenko, capo dell’amministrazione militare regionale che ha fatto sapere che la strage sarebbe stata provocata da due o tre razzi russi, poi denuncia l’accaduto: “L’ennesima conferma dei crimini della Federazione Russa e che stanno bombardando aree residenziali”. Mosca, invece, fa sapere nel bollettino quotidiano di aver “distrutto 17 postazioni di comando, quattro batterie di sistemi missilistici e due hangar vicino a Kostyantynivka, dove erano nascosti obici M777 di fabbricazione statunitense utilizzati per bombardare i quartieri residenziali di Donetsk“.

Le macerie a Chasov Yar

 

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UCRAINA | Braccio di ferro per la contesa del Lugansk

132esimo giorno di guerra. Mosca fa sapere di aver occupato tutta la regione del Lugansk, mentre Kiev smentisce. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si mostra pessimista sulla situazione. 

L’avanzata russa nel Lugansk

La Russia afferma di aver conquistato la città di Lysychansk e l’intera regione del Lugansk nell’Ucraina orientale. Lo fa sapere il ministro russo della Difesa, Sergei Shoigu, citato da Interfax. Sabato Kiev aveva smentito la presa dell’ultima città del Lugansk ma successivamente il consigliere di Zelensky, Oleksiy Arestovych, ha ammesso la possibile caduta della città gemella di Severodonetsk

Sergey Shoigu, Ministro della Difesa russa.
La smentita da Kiev

Tuttavia, il portavoce del ministero della Difesa ucraino, Yuriy Sak, ha dichiarato alla BBC che la città di Lysychansk non è sotto il “pieno controllo” delle forze russe, nonostante Mosca abbia affermato che la città è caduta. Ha aggiunto, però, che i combattimenti in città sono molto “intensi da un bel po’ di tempo“, con le forze di terra russe che attaccano senza sosta.

Sak ha poi continuato ribadendo che l’Ucraina non è fuori dai giochi neanche nel Donbass. “La battaglia per il Donbass non è ancora finita. Anche se la Russia conquista tutto il Lugansk non siamo al game over”, ha detto il portavoce, affermando infine che l’Ucraina è fiduciosa e sta ricevendo sostegno dai suoi alleati occidentali.

Yuri Sak, Ministro degli affari Esteri Ucraino.
I rischi posti da Zelensky

Incline al pessimismo, invece, Volodymyr Zelensky che, nel corso di un briefing con il premier australiano Anthony Albanese, espone la situazione difficile nel Lugansk. “Ci sono rischi che l’intera regione del Lugansk venga occupata dai russi. Ma la situazione può cambiare ogni giorno”, ha detto il presidente ucraino. Poi continua: “Ci sono combattimenti alla periferia di Lysychansk, nella regione di Lugansk, ma la città non è completamente sotto il controllo russo”. Infine, sottolinea che le forze armate ucraine stanno facendo il possibile per accelerare la fornitura di armi, cosa che li avvantaggerebbe sulla Russia. 

Volodymyr Zelensky, Presidente dell’Ucraina.
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UCRAINA | Nessuna tregua per Kiev: continuano i bombardamenti

Kiev continua a non avere tregua dai bombardamenti. Nella mattinata di domenica 26 giugno, infatti, dei missili da crociera russi hanno attaccato tre centri di addestramento militare. Si contano un morto e quattro feriti. Dure le reazioni dal G7 del presidente degli Stati Uniti Joe Biden, mentre Klitschko definisce l’attacco simbolico.

I dettagli dell’attacco

L’attacco è avvenuto alle 6:30 ore locali e, secondo il deputato ucraino Oleksiy Gancharenko, sono stati almeno 14 i missili lanciati sulla capitale. Diverse sono invece le testimonianze delle esplosioni: il Kiev Independent parla di tre deflagrazioni, mentre i social di quattro esplosioni causate da missili da crociera russi. Il  ministero della Difesa russo, in un comunicato, ha confermato che le forze russe hanno colpito tre centri di addestramento militare nell’Ucraina settentrionale e occidentale, di cui uno vicino al confine polacco. I bombardamenti sono stati effettuati con “armi ad alta precisione delle forze aerospaziali russe e missili Kalibr” da crociera, ha affermato il ministero nella nota. Mosca ha poi aggiunto che, tra gli obiettivi, c’è un centro di addestramento militare per le forze ucraine nel distretto di Starytchi, nella regione di Leopoli, a una trentina di chilometri dal confine polacco.

Oleksiy Goncharenko, deputato Ucraino
 
Il bilancio dei feriti e le reazioni

Sempre i media, inoltre, riportano il dato delle vittime e dei feriti dopo l’attacco. Ukrinform riporta che un civile è rimasto ucciso, con altri quattro civili estratti dalle macerie e portati in ospedale (tra cui una bambina di 7 anni).

A seguito degli attacchi, il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, parla di fronte ai giornalisti. “La nostra città è distrutta. Sono state distrutte più di 220 case dove vivono civili. I russi attaccano prima del summit della Nato, forse è un’aggressione simbolica“, ha detto il sindaco. Il presidente Usa Joe Biden, in Germania per il G7, ha invece definito un “atto di ‘barbarie” i bombardamenti russi. 

Joe Biden, Presidente degli Stati Uniti

 

 

 

 

 

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UCRAINA | Medvedev minaccia la scomparsa dell’UE

118esimo giorno del conflitto. Con la NATO che non ha escluso la permanenza del conflitto per i prossimi anni, l’ex presidente russo Dmitrij Medvedev terrorizza verbalmente l’UE minacciando una sua possibile scomparsa. Un’uscita che si va ad aggiungerne ad altre dell’attuale vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa, a cui ci ha abituato nell’ultimo periodo. 

L’UE potrebbe scomparire prima che vi entri l’Ucraina?

Dmitrij Medvedev attacca su Telegram l’Europa, minacciandola in un post dove prende in giro il lento processo di adesione dell’Ucraina all’Ue, ma non solo.

“E se anche l’UE sparisse per allora? Mi viene da pensare a quale scandalo, a quali sacrifici sono stati fatti sull’altare dell’adesione all’UE e a quale inganno delle aspettative degli ucraini infelici? Per non portare sfortuna…”, ha scritto l’ex presidente.

La vena ironica di Medvedev, però, è continuata quando ha confrontato l’ambizione dell’UE ad allagarsi con quella dell’URSS ad espandere il comunismo. “Gli anni sono passati e noi, studenti degli anni Settanta, aspettavamo l’inizio del comunismo, che non è mai arrivato. L’Urss è crollata”, ha detto. 

Medvedev nel 2022

 

Tutte le uscite infelici di Medvedev

Già in passato, Dmitrij Medvedev ci aveva abituato a provocazioni pungenti. Qualche giorno fa, infatti, aveva dubitato dell’esistenza dell’Ucraina nei prossimi anni, alla luce dell’attuale conflitto. “Solo una domanda: chi ha detto che l’Ucraina tra due anni esisterà ancora sulla mappa del mondo?'”, aveva scritto su Telegram. Non sono mancati, inoltre, altri attacchi ai paesi dell’UE, definiti da Medvedev dei “bravi zii e zie” che stanno preparando l’Ucraina a morire per la “prospettiva europea”.

Molto più grave, infine, un post su Telegram in cui ha ingiuriato, stavolta senza ironia, l’occidente. “Mi viene spesso chiesto perché i miei post su Telegram contro gli avversari della Russia sono così duri. La risposta è che li odio. Sono bastardi e imbranati. Vogliono la nostra morte, quella della Russia. E finché sarò vivo farò di tutto per farli sparire.”

 

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UCRAINA | “La Russia non farà la fine dell’URSS!”: il discorso di Putin

“La Russia non farà la stessa fine dell’URSS”. Queste le parole recitate da Putin parlando ai giovani imprenditori, invogliando la Russia a difendersi come ai tempi dello Zar. Ma perché prendere in considerazione quel periodo?

Le parole di Putin e la commemorazione a Pietro Il Grande

Il discorso che Putin ha tenuto ai giovani imprenditori si è svolto giovedì 9 giugno, giorno del 350esimo anniversario della nascita di Pietro il Grande. Le prime parole del presidente russo sono state: “La Russia non farà la fine dell’Urss, la nostra economia resterà aperta”. Poi Putin ha dato giustizia alla sua attuale battaglia mettendola a confronto con altre che la Russia ha fatto in passato. “Abbiamo appena visitato la mostra dedicata al 350esimo anniversario: quasi niente è cambiato. Pietro il Grande ha combattuto la Guerra del Nord per 21 anni. Non è vero che voleva separare un territorio dalla Svezia, ma solo riprenderlo.” 

Pietro Il Grande
Pietro Il Grande, ultimo zar e primo imperatore della Russia nel 1721

 

L’importanza della sovranità

Putin, infine, ha parlato della sovranità e di quanto questa sia importante per la Russia. “Se lavoriamo partendo dal presupposto che la sovranità costituisce il fondamento della nostra esistenza, riusciremo senza dubbio a realizzare i compiti che abbiamo di fronte”, ha detto. Il presidente russo ha poi concluso  definendo i requisiti principali della sovranità di un Paese: “Per sovranità pubblica intendo la capacità della società di consolidarsi per raggiungere i compiti nazionali. E’ il rispetto della propria storia, della propria cultura, della propria lingua, dei popoli che vivono su un territorio. Questo consolidamento della società è una delle condizioni fondamentali per lo sviluppo. Se non c’è consolidamento, tutto crollerà”.

Vladimir Putin
Vladimir Putin durante il discorso ai giovani imprenditori
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UCRAINA | Continuano gli attacchi a Severodonetsk

Al 102esimo giorno di guerra, Zelensky fa sapere che la situazione a Severodonetsk è difficile. Tuttavia, i servizi segreti britannici  affermano che Kiev sta contrattaccando, affinché la città non venga interamente occupata dai russi. Serhiy Gaidai, governatore del Lugansk, conferma che è stata ripresa metà della città di Severodonetsk. 

 

Zelensky su Severodonetsk

Con Severodonesrsk al centro dell’offensiva russa nel bacino minerario del Donbass, Zelensky fa sapere che la situazione è estremamente complicata. “La situazione a Severodonetsk rimane estremamente difficile. È difficile anche a Lysychansk, Marinka, Kurakhovo e in altre città e comunità del Donbass. Attacchi aerei costanti, colpi di artiglieria e razzi”, ha detto il presidente ucraino. 

Le sue parole trovano conferma dal Ministero della Difesa russo, secondo cui le forze ucraine si stanno ritirando da Severodonetsk e che nei combattimenti hanno perso in alcune unità fino al 90% dei loro militari.

Volodymyr Zelensky, presidente dell’Ucraina

 

Il contrattacco di Kiev

Tuttavia, l’Intelligence britannica ha scritto che le forze ucraine sono passate al contrattacco nelle ultime 24 ore nella città contesa di Severodonetsk. Nel rapporto si sottolinea che il contrattacco è riuscito a causa di un buon numero di truppe russe male equipaggiate, essendo riserve delle forze separatiste dell’autoproclamata repubblica di Lugansk. 

L’intelligence conclude dicendo che l’utilizzo di queste forze per procura per operazioni in centri urbani rappresenta una tattica russa già vista in Siria, dove Mosca schierò il Quinto corpo d’assalto (formato da volontari) dell’esercito siriano per conquistare aree urbane. Un approccio che riflette la volontà di Mosca di limitare le perdite tra le file dell’esercito regolare.

Bandiera dell’autoproclamata Repubblica di Lugansk

 

Le conferme dal governatore del Lugansk

Il governatore di Lugansk, Serhiy Gaidai, conferma che il contrattacco ucraino ha avuto parzialmente successo. Al momento, infatti, la città è divisa in due. “I russi controllavano il 70% di Severodonetsk, ma nel giro di due giorni li abbiamo respinti, ora la città è divisa a metà. Gli occupanti hanno perso un numero enorme di personale, otto russi sono stati fatti prigionieri”. Queste le parole di Gaidai, citato da Ukrinform. 

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UCRAINA | Ok al sesto pacchetto delle sanzioni anti-Mosca

Arriva l’approvazione al sesto pacchetto delle sanzioni europee anti-russe, che include l’embargo graduale al petrolio. A queste si aggiungono anche le sanzioni degli Stati Uniti a dirigenti governativi, oligarchi e società legate a Vladimir Putin. Il Cremlino, però, risponde alle sanzioni, ritenendole autodistruttive per l’UE

 

Il sesto pacchetto di sanzioni dell’UE

La riunione degli ambasciatori dei 27 Paesi membri ha approvato Il sesto pacchetto delle sanzioni antirusse. Lo annuncia su Twitter la presidente della Commissione UE, Ursula Von der Leyen. “Grazie alla presidenza francese del semestre UE abbiamo concordato un altro forte pacchetto di sanzioni contro Putin e il Cremlino“, si legge nel tweet.

Le sanzioni includono l’embargo graduale al petrolio in arrivo via mare in Europa con deroghe per il greggio trasportato via oleodotti. “Di fatto, il 90% delle importazioni russe di petrolio all’Ue sarà bandito entro la fine del 2022. Ciò ridurrà la capacità della Russia di finanziare la sua guerra”, si legge ancora nel tweet di Von der Leyen. 

Tuttavia, si apprende da fonti europee, Il patriarca Kirill non fa parte della lista nera di queste sanzioni.

Ursula Von der Leyen
Ursula Von der Leyen
 
Sanzioni USA all’élite russa

Ma non è stata solamente l’Unione Europea ad annunciare ulteriori sanzioni verso Mosca.

Gli Stati Uniti, infatti hanno annunciato altre sanzioni che colpiscono dirigenti governativi, oligarchi e società legate a Vladimir Putin e a settori chiave dell’economia russa. Nella lista figurano la portavoce del ministero degli esteri russo Maria Zakharova e l’oligarca Alexiei Mordashov, con i suoi famigliari e le sue società. Colpito anche l’oligarca immobiliarista God Nisanov, legato strettamente ai dirigenti russi. 

Putin e Zakharova
Maria Zakharova assieme a Vladimir Putin

 

La risposta di Mosca

Mosca risponde alle sanzioni. Lo fa attraverso il proprio Ministro degli Esteri, Sergej Lavrov, che ritiene le sanzioni autodistruttive per l’Unione Europea. “È ovvio che gli elementi principali del prossimo pacchetto di sanzioni concordate con lo slogan della lotta alla dipendenza dalla Russia avranno un effetto autodistruttivo per l’Unione europea. Non è senza ragione che Bruxelles ha impiegato quasi un mese per costringere i paesi membri a questa decisiva dimostrazione di solidarietà”. Ha aggiunto il ministro.  

Sergej Lavrov
Sergej Lavrov nel 2015

 

 

 
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UCRAINA | Putin allo scontro verbale con gli USA

“Putin ha fallito in tutti i suoi obiettivi strategici”. Così dichiara Antony Blinken, Segretario di stato statunitense, convinto ormai che la battaglia di Putin sia al capolinea. Il presidente russo, però, non ci sta, ribadendo che le sanzioni inflitte alla Russia produrranno solo l’effetto contrario. Voci di Putin che trovano conferme dal Viceministro ucraino Ganna Malyar, che ha parlato di una possibile esclation russa

Le dichiarazioni di Blinken

Antony Blinken ha dichiarato che gli obiettivi strategici della Russia sono falliti.

“Putin ha fallito nel centrare i suoi obiettivi strategici, non ne ha raggiunto neanche uno. Invece di cancellare l’indipendenza dell’Ucraina, l’ha rafforzata. Anziché dividere la NATO l’ha unita. Non ha affermato la forza della Russia, ma l’ha messa in pericolo. Invece di indebolire l’ordine internazionale, ha spinto i Paesi a unirsi per difenderlo”.

Queste le parole del Segretario di Stato degli USA, in un discorso tenuto alla George Washington University.

Tony Blinken
Antony Blinken, Segretario di Stato degli Stati Uniti

 

La risposta di Putin

Intervenendo a un forum economico dei Paesi dell’ex URSS, Vladimir Putin risponde alle voci occidentali che vogliono la Russia indebolita dalle sanzioni. 

“Nessun ‘poliziotto globale’ sarà in grado di fermare i Paesi che vogliono perseguire una politica indipendente. La Russia sta diventando un po’ più forte grazie alle sanzioni. Rubare i beni di qualcuno non ha mai portato a nulla di buono, soprattutto a chi lo fa”, ha detto il presidente russo.

Putin
Vladimir Putin, Presidente russo
 
La possibile escalation russa

A dimostrare che le dichiarazioni di Putin non sono eresia ci ha pensato Ganna Malyar, Viceministro della Difesa ucraino.

In una conferenza stampa, Malyar ha infatti dichiarato che ci sono i “segnali di un’escalation“. Il ministro, inoltre, ha avvertito che i combattimenti hanno raggiunto la massima intensità a est, e che ci aspetta un periodo “estremamente difficile” e “lungo”. Infine, conclude specificando che Mosca sta spostando i missili Iskander a Brest (Bielorussia), con la possibilità che questi vengano utilizzati per colpire l’ovest dell’Ucraina.

Ganna Malyar, viceministro della Difesa ucraina

 

 

 
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UCRAINA | La Russia prende di mira la città di Severodonetsk

La città di Severodonetsk è stata presa di mira dalla Russia. Dopo i primi due mesi del conflitto, che ha visto Mariupol essere la città con il maggior numero di bombardamenti, ecco che il raggio d’azione di Mosca si sposta nella città del Lugansk

Distruzione del ponte del Lugansk

Tutto ha avuto inizio la mattina del 22 maggio, quando l’esercito russo ha distrutto il ponte tra Severodonetsk e Lysychansk nella regione orientale ucraina di Lugansk. 

Secondo Sergey Gaidai, capo dell’amministrazione militare regionale, tale distruzione ha complicato notevolmente l’evacuazione dei civili e la consegna degli aiuti umanitari. Sempre Gaidai, inoltre, ha ricordato che è la seconda volta che il ponte viene distrutto. Già nel 2016, infatti, l’esercito russo aveva fatto esplodere il ponte mentre si ritirava durante la liberazione di Lysychansk nel luglio 2014.

“In questi giorni a Severodonetsk, Lysychansk e Belogorovka i bombardamenti non si fermano nemmeno per un’ora. I russi usano l’artiglieria giorno e notte. Ogni vita salvata da questi insediamenti è importante per noi oggi. Quei 57 evacuati sono ora al sicuro e protetti”, ha concluso Gaidai.

Il ponte del Lugansk distrutto

 

Aumenta il rischio di accerchiamento di Severodonetsk

La distruzione del ponte è stata fatta dai russi affinché Sevrodonetsk tagliasse le linee di comunicazione con la vicina Lysychansk, impedendo ogni tipo di rinforzi. In questo modo, quindi, l’esercito russo ha tentato di sfondare con più facilità a Severodonetsk, senza successo.

Tuttavia, Sergey Gaidai ha fatto sapere comunque che la città è “a rischio accerchiamento“, aggiungendo che “12 persone sono state uccise e altre 40 ferite dai bombardamenti russi”. Lo stesso timore è arrivato da Lyudmila Denisova, commissaria ucraina per i Diritti umani della Verkhovna Rada, che su Telegram ha denunciato l’assalto alla città.

“Gli attacchi nemici vengono costantemente effettuati in molte aree e gli insediamenti vengono bombardati da razzi dall’artiglieria e dai sistemi di tiro al volo. Il nemico ha concentrato tutte le sue forze sull’assalto di Severodonetsk, alla periferia della quale si svolgono costantemente battaglie. La città si sta trasformando in una nuova Mariupol“, ha detto Denisova. 

Lyudmyla Denisova, commissaria ucraina per i Diritti umani della Verkhovna Rada

In copertina: la città di Severodonetsk vista dall’alto.