ARCHEOLOGIA | Vulcano: l’Isola dei Morti, dello zolfo e dell’allume
Il nostro viaggio alla scoperta delle Eolie comincia con l’isola più vicina alla Sicilia, Vulcano, che, tra tutte, è quella che più rimanda a un ideale rapporto dell’uomo col primordiale: qui, infatti, è possibile sentirsi perfettamente parte di una natura che ha in sé tutto ciò che serve per il benessere psicofisico. A testimonianza di tale equilibrio, nel corso dei secoli, gli interventi dell’uomo si sono, infatti, limitati a plasmare ciò che la natura offriva, senza danneggiare in alcun modo flora e fauna locali, e a sfruttarne le materie prime.
Geografia
Vulcano (20,87 km² di superficie) ha avuto origine da una serie di attività vulcaniche, che hanno portato, tra gli altri fenomeni, alla nascita della Caldera del Piano (80.000 anni fa circa), alla formazione del settore sud della caldera, La Fossa (50.000 anni fa), e a una grande esplosione (15.000 anni fa) che ha determinato il collasso della parte occidentale della caldera La Fossa, all’interno della quale si è accresciuto, a partire da 6.000 anni fa, l’attuale centro eruttivo, il Cono di La Fossa. La genesi dell’isolotto di Vulcanello è iniziata, invece, intorno al II secolo a.C.: la formazione si è, poi, collegata a Vulcano intorno al 1550 d.C. Vulcano è caratterizzata da un particolare stile eruttivo che, legato all’incontro del magma con le acque freatiche, genera esplosioni a moderata magnitudo. Queste, a loro volta, generano modeste colonne eruttive con emissione di lave a elevata viscosità e lanci di blocchi e bombe. Sebbene l’ultima eruzione sia avvenuta nel 1888 – 1890, il vulcano non ha mai cessato di dare prova della propria vitalità e, ancora oggi, è possibile osservare diversi fenomeni che testimoniano il suo stato di quiescenza.
Cenni storici
Nessuna fra le fonti storiche a noi pervenute riporta notizie di insediamenti stabili e duraturi su quest’isola. Sappiamo, però, con certezza che sia divenuta base navale cartaginese nel 218 a.C. e, in seguito, nel 36 a.C., base romana. Essa, inoltre, dopo la parentesi proto-imperiale, a causa della sua intensa attività vulcanica, sarebbe rimasta disabitata per secoli, fino al 510 d.C., quando re Teodorico vi relegò, per punizione, il curiale Iovino. Un secondo salto cronologico ci porta fino al normanno Ruggero I, conte di Sicilia che, intorno all’anno 1083, fece donazione dell’Isola, insieme ad altre dell’arcipelago, al Monastero di San Bartolomeo dei monaci benedettini di Lipari tramite il suo Abate Ambrogio. A seguito di ciò, per secoli, i pochi abitanti di quest’isola rimasero sotto il dominio della Chiesa di Lipari. All’inizio del 1800, per i meriti conseguiti nelle battaglie contro Napoleone, Ferdinando I, re delle Due Sicilie, diede come feudo l’isola di Vulcano al generale Don Vito Nunziante, sottraendola al potere religioso. Nel 1878 gli eredi del generale Nunziante cedettero i loro diritti agli scozzesi Stevenson, che già controllavano a Lipari l’industria della pomice. Nel centro abitato dell’isola è ancora visibile il loro palazzo con torri e merli (il “Piccolo Castello” o il “Castello Scozzese”), che fu parzialmente distrutto dall’eruzione del 1888. Gli Stevenson, durante la loro permanenza alle Eolie, misero insieme un’importante collezione di antichità eoliane, tra cui un tesoretto di monete in argento, interrato alla metà del III secolo a.C., con monete di Taranto e Reggio, oggi conservate tra il Museo del Parco di Kelvingrove di Glasgow e l’Ashmolean Museum di Oxford.
L’allume
Comune a tutti i “proprietari” dell’isola è lo sfruttamento dei giacimenti di zolfo e allume. Il generale Nunziante, ad esempio, impiegò come operai i “coatti”, gente relegata sulle Eolie dal governo borbonico, che abitava le piccole spelonche adiacenti alla Grotta dell’Allume. Si trattava di una cavità artificiale molto ampia, profonda 34m e provvista di quattro aperture, da cui si estraeva ogni giorno il sale alluminoso sericeo, staccandolo dalle pareti della grotta stessa, entro cui ribolliva acqua sulfurea. Dalla combinazione dei vapori umidi e solforosi dell’acqua con la base argillosa delle lave, che ricoprivano la grotta, nasceva, infatti, l’allume. Fin dall’antichità, questo materiale ha costituito una vera e propria fonte di ricchezza per tutte le isole dell’arcipelago e, come testimoniato da Plinio, veniva utilizzato per tingere le lane e pulire l’oro. I Romani, inoltre, estraevano l’allume e, tramite anfore fabbricate a Lipari, lo trasportavano insieme a zolfo e capperi.
L’Isola dei Morti
Alcuni studi archeologici e antropologici portano a identificare il sito come Isola dei Morti: sembra, infatti, che qui confluissero numerosi defunti provenienti dalle altre isole e, considerata la presenza di ushabti all’interno di diverse sepolture, addirittura dall’Egitto; scopo di tale viaggio era quello di sottoporre la salma a una serie di riti di purificazione. Gli archeologi, in verità, analizzando le fonti a proposito di questa pratica, si sarebbero aspettati un numero molto maggiore di sepolture, rispetto alle 130 effettivamente rinvenute. Il mancato ritrovamento di cadaveri ha fatto supporre che, alla fine dei riti, gran parte di essi venisse nuovamente trasportata e sepolta nei luoghi di provenienza. Diversamente, altri sostengono che i cadaveri venissero seppelliti sull’isola, ma che la natura vulcanica del terreno abbia cancellato molte tracce al riguardo, sebbene, morfologicamente, le numerose e antichissime grotte artificiali dell’isola, richiamando il tipo delle tombe a grotticella adibite a sepolture in Sicilia durante l’età preistorica, sembrerebbero essere legate ai suddetti riti funerari; tuttavia, nessuna testimonianza archeologica è stata rinvenuta all’interno di esse, né nei dintorni.
ARCHAEOLOGY | Vulcano: the Island of the Dead, of sulphur and alum
Our journey to discover the Aeolian Islands begins with the island closest to Sicily, Vulcano, which is among all the one that most refers to an ideal relationship between man and the primordial: here, in fact, it is possible to feel perfectly part of a nature that offers everything you need for psychophysical well-being. As evidence of this balance, over the centuries human interventions have, in fact, limited themselves to shaping what nature offered, without damaging in any way the local flora and fauna, and to exploiting raw materials.
Geography
Vulcano (20.87 km² in area) was originated from a series of volcanic activities, which led, among other phenomena, to the creation of the Piano caldera (approximately 80,000 years ago), to the formation of the southern sector of the caldera, the Fossa (50,000 years ago), and to a large explosion (15,000 years ago) which resulted in the collapse of the western part of the caldera, within which, starting 6,000 years ago, the current eruptive centre of the Fossa, the Cone, has grown. The genesis of the islet of Vulcanello began, however, around the second century BC: this was later connected to Vulcano around 1550 AD. Vulcano is characterized by a particular eruptive style which, linked to the encounter of magma with groundwater, generates explosions of moderate magnitude. These, in turn, generate modest eruptive columns emitting highly viscous lavas and hurling blocks and bombs. Although the last eruption took place in 1888-1890, the volcano has never ceased to prove its vitality, and even today it is possible to observe various phenomena that confirm its dormant state.
Historical background
None of the historical sources survived up to this day reports news of stable and lasting settlements on this island. However, it is known for a fact that it became a Carthaginian naval base in 218 BC and later, in 36 BC, a Roman base. Moreover, after the proto-imperial interlude, due to its intense volcanic activity it would have stayed uninhabited for centuries, until in 510 AD King Theodoric sent there the curial Iovino as a punishment. A second chronological gap takes us to approximately 1083, when Roger I, Norman count of Sicily, donated this island and others of the archipelago to the Benedictine monastery of San Bartolomeo of Lipari through his Abbot Ambrose. As a result, the few inhabitants of this island had remained for centuries under the dominion of the Church of Lipari. At the beginning of 1800, Ferdinand I, king of the Two Sicilies, gave the island of Vulcano as a fiefdom to the general Don Vito Nunziante for the merits he achieved in the battles against Napoleon, withdrawing it from the Church domain. In 1878 the heirs of general Nunziante gave up their rights to the Scottish Stevensons, who already controlled the pumice industry in Lipari. In the inhabited centre of the island you can still see their palace with its towers and battlements (the ‘Little Castle’ or ‘Scottish Castle’), which was partially destroyed by the eruption of 1888. During their stay in the Aeolian Islands, the Stevensons put together an important collection of Aeolian antiquities, including a treasure trove of silver coins, buried in the middle of the third century BC with coins from Taranto and Reggio, which are now preserved in the Kelvingrove Art Gallery and Museum in Glasgow and in the Ashmolean Museum in Oxford.
The alum
The exploitation of sulphur and alum deposits is common to all the ‘owners’ of the island. General Nunziante, for example, employed as labourers the coatti, people who were banished to the Aeolian Islands by the Bourbon government and lived in the small caves adjacent to the Alum cave. It was a very large artificial cavity, 34 metres deep and provided with four openings, from which the sericeous aluminium salt was extracted every day, detaching it from the walls of the cave itself, within which sulphurous water boiled. In fact, alum was born combining the moist and sulphurous vapours of the water with the clayey base of the lavas that covered the cave. Since ancient times this material has been a real source of wealth for every island of the archipelago and, as witnessed by Pliny, it was used to dye wool and clean gold. Also, the Romans extracted alum and transported it together with sulphur and capers using amphorae manufactured in Lipari.
The Island of the Dead
Some archaeological and anthropological studies have resulted in identifying the site as Island of the Dead: it seems, in fact, that numerous corpses coming from other islands and even from Egypt, considering the presence of the ushabti inside various burials, converged there; the purpose of this expedition was to go through a series of body purification rituals. Actually, in analysing the sources of this practice, archaeologists would have expected a much greater number of burials, compared to the 130 that were actually found. This lack of corpses has led to the assumption, on the one hand, that at the end of the rituals most of them were transported back and buried in their places of origin; on the other, that corpses were buried on the island, but that the volcanic nature of the soil has erased many of these traces, although, morphologically speaking, the numerous ancient artificial caves of the island, which recall the type of Sicilian rock-cut tombs of the Prehistoric age, seem to be linked to the aforementioned funerary rites; however, no archaeological evidence has been found inside them, nor in the surroundings.