La diffusione del Cristianesimo in Sicilia
Con l’Editto di Milano del 313 d.C., l’imperatore Costantino proclamò la libertà di culto, equiparando la nascente religione, il Cristianesimo, ai restanti credi diffusi in tutto il mondo conosciuto. La tolleranza verso una nuova forma cultuale, nonché la regolarizzazione della stessa, diminuì la piaga interna che via via andava aprendosi nel cuore dell’Impero Romano, consolidando la struttura imperiale messa a dura prova dalle sempre più frequenti incursioni barbariche.
Una nuova religione
La nuova religione si basava sul concetto di “redenzione”, vera e propria innovazione culturale rispetto alle più antiche religioni politeiste e pagane. La nuova figura dell’unico Dio amorevole, che prende spunto dalla figura ebraica di YHWH (Yehowah – Geova), viene diffusa in tutto il Mediterraneo piuttosto rapidamente.
L’insurrezione degli Ebrei contro l’Impero Romano del 66 d.C., con la conseguente distruzione della città di Gerusalemme nel 70 d.C., avrebbe facilitato la diffusione della parola di Cristo (“evangelizzazione”) in tutto il bacino del Mediterraneo. Infatti, le comunità ebraiche presenti a Gerusalemme durante gli anni dell’assedio romano furono costrette a fuggire. Una seconda e fallimentare rivolta di poco successiva, sedata dal comando di Adriano (135 d.C.), portò alla cacciata degli Ebrei dal territorio di Palestina (diaspora).
L’arrivo in Sicilia
In Sicilia sono attestate già dal I secolo d.C. diverse comunità ebraiche in tutto il territorio isolano. La loro presenza, inizialmente vincolata alle zone costiere, avrebbe veicolato la diffusione di questa nuova cultura all’interno di un tessuto profondamente misto e omogeneo. Difatti, se nei grandi centri costieri la diffusione del Cristianesimo è resa più semplice dall’ondata migratoria di queste comunità, la cristianizzazione della Sicilia può reputarsi completa intorno al V secolo, cioè quando la presenza cristiana è documentata anche nei centri abitati interni, meglio difesi e meno accessibili.
Le prime menzioni agiografiche in Sicilia si hanno nel 251 d.C. sotto il breve comando dell’imperatore militare Decio, il quale, nel suo tentativo di riportare in auge la religione e i “mores” romani, brutalmente in contrapposizione con il nascente credo messianico, si macchiò di una delle prime persecuzioni a danno dei Cristiani. Il documento in questione, la lettera di Cipriano, lascia supporre la presenza di una comunità cristiana stanziale già a partire da questa data; la più antica epigrafe cristiana, l’epitaffio di Julia Florentina, è datata 296 d.C. ed è stata rinvenuta nel territorio catanese.
I primi Santi siciliani
In questo contesto perse la vita Agata da Catina (Catania, da allora patrona della città etnea) per non avere mai tradito la professione della sua fede cristiana. Per lo stesso motivo, ma qualche anno più tardi, nel 304 d.C. perse la vita Lucia da Siracusa, il cui culto è dimostrato dal ritrovamento di un’iscrizione funeraria ad opera di Paolo Orsi. L’iscrizione, del IV secolo d.C. e di ovvio carattere votivo, raccontava della vita di una donna di nome Euschia che “morì nella festa della mia Santa Lucia”.
Anche Santa Lucia, al pari di Sant’Agata a Catania, è protettrice della città di Siracusa. Nella tradizione messinese, che trova riscontro soltanto in fonti di epoca tardo-medievale, si ricorda la visita di San Paolo nel 42 d.C. recante una missiva da parte di Maria madre di Cristo in persona (Vos et Ipsam Civitatem Benedicimus, queste alcune parole della lettera, oggi impresse a caratteri cubitali sulla base della statua votiva a lei dedicata situata presso il porto della città).
La conversione dall’Ebraismo
Situazione differente per quel che concerne la porzione più interna del territorio siciliano. I commerci e i contatti del popolo costiero basterebbero da soli a giustificare la diffusione del Cristianesimo più rapidamente nei porti di mare anziché nelle zone rurali. Definisce il quadro la reticenza da parte delle diverse etnie che occupavano le zone interne della Sicilia, ancora fortemente legate alla tradizione greco-ortodossa, nonché alla lingua greca, a discapito di lingua e tradizione latina, più diffuse nelle zone di mare. Ma non sarebbe una visione del tutto corretta.
La commistione di diverse etnie, difatti, avvenne in maniera abbastanza semplice anche nelle zone più interne. Il Cristianesimo penetrò attraverso le vie di comunicazione che dalla costa si spingevano all’interno dell’isola, come ad esempio la tratta Catania-Agrigento. Lungo tutto quest’asse viario, unica via interna che collega la Sicilia orientale con la porzione sud-occidentale dirimpetto alle coste africane, sono state rinvenute notevolissime tracce di edifici e necropoli ascrivibili al periodo paleocristiano, in località ad oggi disabitate ma floride in epoca tardoantica.
I rinvenimenti che si hanno nel territorio di Piazza Armerina e della Villa del Casale, Barrafranca, Riesi, Pietraperzia, Calloniana e Sofiana, tutti ascrivibili al periodo compreso tra III e IV secolo d.C. (monete, monili, lucerne, corredi funebri), sono testimonianze di una penetrazione del culto cristiano già dagli albori del III secolo, coesistendo con la più radicata cultura pagana e con quella ebraica.
Unità religiosa e linguistica
La conversione diventa, così, un fattore anche linguistico, nonché culturale e cultuale, in grado di appiattire le differenze tra le varie popolazioni che abitavano la Sicilia di allora (Greci ed Ebrei). Dopo la definitiva cristianizzazione della Sicilia nel V secolo, si parlerà, infatti, di “popolazione sicula” per intendere tutti gli abitanti del territorio isolano e senza alcuna distinzione etnica.
The spread of Christianity in Sicily
With the Edict of Milan in 313 AD, the Emperor Constantine proclaimed freedom of worship, equating the nascent religion, Christianity, with the remaining creeds spread throughout the known world. Tolerance towards a new form of worship, as well as its regularization, the internal scourge diminished that was gradually opening up in the heart of the Roman Empire, consolidating the imperial structure put to a severe test by the increasingly frequent barbarian incursions.
A new religion
The new religion was based on the concept of ‘redemption’, a real cultural innovation with respect to the most ancient polytheistic and pagan religions. The new figure of the one loving God, inspired by the Jewish figure of YHWH (Yehowah – Jehovah), is spread across the Mediterranean rather quickly.The Jewish insurrection against the Roman Empire in 66 AD, resulting in the destruction of the city of Jerusalem in 70 AD, would have facilitated the spread of the word of Christ (‘evangelization’) throughout the Mediterranean basin. In fact, the Jewish communities present in Jerusalem during the years of the Roman siege were forced to flee. A second and unsuccessful revolt shortly after, quelled by the command of Hadrian (135 AD), led to the expulsion of the Jews from the territory of Palestine (diaspora).
The arrival in Sicily
In Sicily, several Jewish communities have been attested since the 1st century AD throughout the island. Their presence, initially linked to the coastal areas, would have conveyed the spread of this new culture within a deeply mixed and homogeneous fabric. In fact, if in the large coastal centres the spread of Christianity is made easier by the migratory wave of these communities, the Christianization of Sicily can be considered complete around the fifth century, that is when the Christian presence is also documented in the internal inhabited centres, better defended and less accessible.
The first hagiographic mentions in Sicily are in 251 AD under the brief command of the military emperor Decius, who , in his attempt to revive the religion and the Roman ‘mores’, brutally in contrast with the nascent messianic creed, was guilty of the first persecutions against Christians. The document in question, the letter of Cyprian, suggests the presence of a permanent Christian community already from this date; the oldest Christian epigraph, the epitaph of Julia Florentina, is dated 296 AD and was found in the Catania area.
The first Sicilian Saints
In this context, Agata da Catina (Catania, patron saint of the city since then) lost her life for never having betrayed the profession of her Christian faith. For the same reason, but a few years later, in 304 AD Lucia of Syracuse lost her life, whose cult is demonstrated by the discovery of a funerary inscription by Paolo Orsi. The inscription, from the 4th century AD and of obvious votive character, told of the life of a woman named Euskia who “died on the feast of my Saint Lucia”.
Even Saint Lucia, like Sant’Agata in Catania, is the protector of the city of Syracuse. In the Messina tradition, which is confirmed only in late medieval sources, we remember the visit of St. Paul in 42 AD bearing a letter from Mary, mother of Christ in person (Vos et Ipsam Civitatem Benedicimus, these are some words of the letter , today imprinted in large letters on the base of the votive statue dedicated to her located at the port of the city).
Conversion from Judaism
Situation is different with regard to the innermost portion of the Sicilian territory. The trade and contacts of the coastal people alone would be enough to justify the spread of Christianity more rapidly in seaports than in rural areas. The picture is defined by the reticence from the different ethnic groups that occupied the inland areas of Sicily, still strongly linked to the Greek Orthodox tradition, as well as to the Greek language, to the detriment of the Latin language and tradition, more widespread in the sea areas. But it would not be a completely correct view
: the mixture of different ethnic groups, in fact, took place quite simply even in the most internal areas. Christianity penetrated through the communication routes that went from the coast into the island, such as the Catania-Agrigento section. Along this entire road axis, the only internal road that connects eastern Sicily with the south-western portion opposite the African coasts, remarkable traces of buildings and necropolis attributable to the early Christian period have been found, in places that are currently uninhabited but flourishing in
late antiquity.The findings that occur in the territory of Piazza Armerina and Villa del Casale, Barrafranca, Riesi, Pietraperzia, Calloniana and Sofiana, all attributable to the period between the third and fourth centuries AD (coins, jewels, lamps, funeral equipment), are evidence of a penetration of Christian worship since the dawn of the third century, coexisting with the more deeply rooted pagan and Jewish culture.
Religious and linguistic unity
Conversion thus becomes a linguistic factor, as well as a cultural and religious one, capable of flattening the differences between the various populations living in Sicily at the time (Greeks and Jews). After the definitive Christianization of Sicily in the fifth century, we will speak, in fact, of ‘Sicilian population’ to mean all the inhabitants of the island and without any ethnic distinction.
Article translated and curated by Veronica Muscitto
Amici, quando studiamo l’archeologia, DOVREMMO tenere presente anche altre Discipline che un tempo venivano definite “collaterali”, ma che oggi godono della loro autonomia. In particolare lo studio della Linguistica Sorica ci mostra che “Geova” o “Jehovah” è la vocalizzazione SBAGLIATA e la pronuncia ERRATA del Sacro Tetragramma “YHWH”. È un mix di DUE PAROLE: “YHWH” + “ADONAI”. Questo mix SBAGLIATO fu fatto nel 1520 da un monaco cattolico: Galatino, che aggiunse le VOCALI di “Adonai” al Sacro Tetragramma: Y(a)H(o)W(a)H(i). Poiché nell’ebraico moderno la prima vocale di un nome se ha il suono di una “a” viene letta con il suono della “e”, abbiamo la PAROLA IBRIDA “yehowah”. È come se non avessimo le vocali della parola “caramello”, quindi “CRMLL”, non conoscessimo più la pronuncia originale e allora aggiungiamo le vocali della parola “cioccolato” (perché sappiamo che riguardano una caratteristica PROPRIA comune come la dolcezza), quindi avremmo avuto “C(i)R(o)M(o)L(a)L(o)” – Ciromolalo, è un MIX tra due parole che NON SIGNIFICA NULLA!
Quindi, come fare a stabilire la pronuncia giusta? Gli storici Greci ci fanno sapere che gli ebrei Lo pronunciavano “Jabè”, da cui la forma “YAHWEH” o “JAHWEH”. Inoltre, ci sono molti nomi biblici che contengono il Nome di Dio come parti del Tetragramma, come ISA(IAH), GIOS(IAH), GEREM(IAH), e parole di adorazione a Dio come HALLELU(IAH). Non diciamo: “Isaiyeh”, né “Giosyeh”, né “Geremyeh”, né “Halleluyeh”!!
Sono gli adepti della setta “Testimoni della Watchtower” (o come loro stessi si definiscono “Testimoni di geova”), che nei secoli hanno accampato false profezie, e ancor oggi nonostante gli Studi che sconfessano la loro lettura SBAGLIATA del Sacro Tetragrammaton, cercano di confondere i Cristiani 🙂