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ARCHEOLOGIA | Alba (CN), la città sotto ai tuoi piedi

ALBA POMPEIA

I principali riferimenti storici alla nascita di Alba sono contenuti nella stessa denominazione della città romana, Alba Pompeia.
“Alba” nel mondo ligure indica il centro principale di una tribù, facendo pertanto presupporre il ruolo di capoluogo, forse di un sottogruppo dei Bagienni, popolazione celto-ligure insediatasi prima dell’arrivo dei Romani nella città.

E’ da collegarsi con la figura di Gneo Pompeo Stradone, uomo politico e generale romano, che nell’89 a.C., tramite la Lex Pompeia, concedette il diritto latino alle comunità transpadane, che non corrisponde all’immediata creazione di una struttura urbana, quanto piuttosto alla costituzione di un luogo di raccolta della comunità preurbana, di “mercato” e di approdo alla confluenza tra il fiume Tanaro e il torrente Cherasca.
In effetti, Alba conosce il periodo di maggiore sviluppo economico ed urbano nel I sec. d.C., nel corso del quale si definisce l’impianto monumentale cittadino, a seguito della romanizzazione della Valle del Tanaro, cruciale punto di collegamento tra la pianura padana, i valichi alpini ed i centri della Liguria. L’insediamento si inserisce rapidamente nei flussi commerciali, favoriti sia dal sistema di comunicazione fluviale dell’area sia da una fitta rete stradale terrestre, come testimoniato dalla dislocazione del suo porto nella zona nord-ovest della città, in collegamento con l’asse viario che conduceva alla costa ligure e, in particolare, a Vada Sabatia/Vado Ligure attraverso il valico di Cadibona. Inoltre, forma, insieme alle altre due città del bacino del Tanaro – Pollenzo e Benevagienna – il cosidetto “triangolo produttivo”, che occupa una posizione economica primaria nel Piemonte romano: viticoltura, allevamento ovino e suino, agricoltura e sfruttamento del legname delle aree boschive si configurano come le sue principali attività.

Un primo elemento di particolare interesse è rappresentato dalla forma ottagonale della cinta muraria: tale soluzione appare dettata soprattutto da esigenze pratiche e ambientali, in quanto “si lega ottimamente al raccordo con il territorio rurale circostante, messo in relazione da una fitta rete stradale radiale che converge nel nucleo cittadino”; inoltre, “permetteva […] un’accentuata difendibilità militare del sito e una maggiore protezione dalle frequenti esondazioni dei limitrofi corsi d’acqua” (Alessandro Mandolesi 2013). Del circuito murario sono archeologicamente documentati cinque lati: possedeva fondazioni in opus caementicium ed elevato in opus vittatum mixtum (struttura mista di pietra e laterizio con elementi disposti secondo piani orizzontali) a doppi ricorsi di mattoni e originario rivestimento laterizio, sia sul fronte esterno che su quello interno. Era inoltre dotata di torri quadrangolari, di cui restano tracce sul lato nord, collocate in corrispondenza dei principali percorsi viari interni.

Alla città, la cui superficie era di circa 33 ettari, si accedeva mediante tre principali vie di ingresso, in corrispondenza delle tre porte urbiche, situate una all’estremità del cardine massimo, sul lato meridionale delle mura (probabilmente all’incrocio tra le attuali via Mazzini e via Vittorio Emanuele II), e le altre due alle estremità del decumano massimo, sui lati occidentale ed orientale (di difficile identificazione). Il lato settentrionale, invece, probabilmente non ospitava nessuna via di accesso se non un’apertura di secondaria importanza, a causa dello spazio ridotto che intercorreva tra le mura e il Tanaro.

All’interno della cinta muraria, l’intersezione tra cardine massimo (asse principale nord-sud, lungo l’odierna via Vittorio Emanuele II) e decumano massimo (asse principale est-ovest, oggi via Vida-piazza Risorgimento-piazza Pertinace) generava una serie di strade ortogonali, che articolavano lo spazio urbano in 52 isolati, dei quali 34 di forma quadrata, con lato di 71 m, 10 rettangolari (71 x 58 m) nel settore occidentale, 8 grossomodo triangolari, in corrispondenza dei lati diagonali delle mura. La minor estensione del settore occidentale, in cui si trovavano le insulae di minor ampiezza, era causata dalle limitazioni imposte dal Tanaro, che lambiva le mura a ovest, e dall’esigenza di collegare il cardine massimo con la strada suburbana principale. Il ritrovamento di tratti di selciato e di condotti della rete fognaria ha consentito di ricomporre archeologicamente tutti gli assi viari. Tutte le strade rinvenute sono risultate larghe 5,50 m e dotate di ampi marciapiedi in terra battuta, di circa 3 m, per un totale di 11,50 m di sede stradale. L’ampiezza dei marciapiedi presuppone l’esistenza di portici, probabilmente costituiti da spioventi su pilastri in laterizi o in legno, di cui vi sono tracce rappresentate da basi quadrangolari, disposte a intervalli regolari di 3 metri, ritrovate in vari punti.

Una delle prime infrastrutture di cui Alba si dotò fu l’acquedotto: lo testimonierebbero le analogie costruttive dei suoi resti con i 29 tratti di condotti fognari emersi, risalenti alla prima metà del I sec. d.C. Si tratterebbe di un impianto posteriore al primo sistema idrico, di età repubblicana, nato in relazione all’espansione della città e, pertanto, ad un accresciuto fabbisogno idrico. Si ritiene che fosse basato su più direttrici idriche, o almeno su di un condotto primario correlato con bracci secondari; prevalentemente interrato, avrebbe tuttavia presentato alcuni tratti impostati su arcate, come attestato da alcuni basamenti di piloni rinvenuti, ad esempio, tra piazza Savona e via Vittorio Emanuele II e anche in corso Italia.

Si hanno, inoltre, indizi di altre strutture a carattere pubblico, come il foro, il teatro e un complesso monumentale, forse a carattere religioso, mentre a oggi mancano dati su altri edifici (basilica, curia…) e sull’anfiteatro.
Nel 1839, in occasione degli scavi per la costruzione di due case alle spalle del Duomo, in piazza Rossetti (angolo via Vida), area corrispondente all’antica insula XXI e a nord del decumano massimo, si registra il ritrovamento di quello che è considerato come uno dei più importanti documenti artistici romani dell’Italia settentrionale: si tratta di una grande testa femminile in marmo, oggi custodita nel Museo Archeologico di Torino, internamente cava ed appartenente ad una statua cultuale della fine del II sec. a. C., realizzata in materiali diversi e posta all’interno di un tempio, di cui si ignora la localizzazione. Tale ritrovamento costituirebbe anche un indizio dell’ubicazione dell’area forense, proprio in quanto proveniente da una zona connessa alla presunta area del foro, di circa 71 m, dove peraltro è affiorato un piano in mattoni forse pertinente alla pavimentazione della piazza pubblica.
L’ipotesi sarebbe avvalorata, oltre che da elementi della cartografia antica, anche dalla presenza, in epoca medievale, del mercato cittadino proprio in un’area adiacente a questa.

Testimonianze architettoniche provenienti dall’insula XI (strutture ritrovate al di sotto di via Manzoni, che proseguono in muri individuati in coincidenza della chiesa di S. Giuseppe) appartengono ad un complesso pubblico riferibile al teatro, come testimoniato, in particolare, dalla presenza di due pilastri in mattoni collegati a un muro curvilineo, che disegna uno spazio semicircolare con una fronte di circa 45 m.
In effetti, il suo andamento curvo sembrerebbe ancora ripreso in alcuni allineamenti dei fabbricati esistenti; risulta, inoltre, che, proprio in questa zona, tra via Manzoni e via Como, accanto alla chiesa di S. Giuseppe, si trovasse il teatro settecentesco di Alba, poi divenuto Teatro Perucca, facendo ipotizzare una suggestiva continuità d’uso della zona. Altri indizi di rilievo sono rappresentati da resti di pavimentazione in opus sectile, un’antica tecnica artistica che impiega marmi diversi, lastre di rivestimento in marmo, cornici, fregi, frammenti di capitelli e di una statua, bassorilievi, un’erma.
La presenza, nel limitrofo isolato a sud (insula XIX), di strutture, presumibilmente attinenti alla porticus post scaenam (l’area porticata retrostante la scena), suggerisce una stretta connessione tra area forense e area per gli spettacoli, che trova confronti in molti progetti urbanistici della prima età imperiale, quali Augusta Bagiennorum (Benevagienna) e, ancora in area cisalpina, Brixia (Brescia).
Alla fine del I sec. d.C. lo spazio pubblico viene ampliato, con l’inserimento, nei pressi di via Cerrato, di un nuovo complesso forense-religioso, che, prendendo il posto di una dimora privata, testimonia una successiva fase di monumentalizzazione della città. Tale complesso avrebbe occupato pressoché tutta l’insula X, in collegamento con la zona del foro e con quella del teatro, dalla quale è separato dal cardine massimo. Si articola in un’area quadrangolare di 49 x 50 m ca., delimitata da un porticato e caratterizzata da una sequenza di esedre quadrangolari e semicircolari. Si è supposta in proposito l’identificazione con un templum Pacis, forse ispirato a quello voluto da Vespasiano per Roma a celebrazione della fine delle guerre civili e della guerra giudaica (71 d.C.), che presentava su un lato un tempio rettangolare affacciato su un giardino circondato da portici.

Per quanto concerne l’edilizia privata, a fronte delle scarse attestazioni, la presenza nelle domus indagate di ambienti riscaldati (in qualche caso, forse, riferibili a terme private), di numerosi frammenti di pavimentazioni musive o in opus signinum (tecnica che usava il cocciopesto come impermeabilizzante) e di intonaci parietali riconducibili ai cosiddetti III e IV stile pompeiano, testimoniano il tenore di vita raggiunto dalla città nei primi secoli dell’Impero. Di particolare interesse, la decorazione parietale dell’“ambiente B”, pertinente alla domus di via Acqui, dove compare una scena figurata con un cervide marino tra due delfini.
Il riconoscimento di botteghe sulla fronte di una casa, individuata in via Gioberti, induce ad ipotizzare che nel settore meridionale della città prevalessero le attività commerciali e artigianali, in contrasto con la zona settentrionale, dove sembra fossero concentrate le residenze di maggior pregio. La motivazione è stata individuata nello stretto collegamento della zona meridionale con le aree agricole e con le colline delle Langhe, mentre la situazione della zona settentrionale, che costituisce una sorta di “spalto” sulla valle del Tanaro, potrebbe aver favorito “l’insediamento dei ceti più ricchi per le caratteristiche di maggior tranquillità, ma anche di un’agevole collegamento con i servizi della zona pubblica” (Fedora Filippi 1997).
Altri importanti ritrovamenti consistono nei corredi funerari provenienti dalle necropoli suburbane, fra cui quelle di via Rossini e S. Cassiano, poste in corrispondenza degli accessi principali alla città.

 

ARCHAEOLOGY | Alba (CN), the city beneath your feet

The main historical references to the birth of Alba can be found in the name itself of the Roman city, Alba Pompeia. ‘Alba’ in the Ligurian world indicates the main centre of a tribe, thus suggesting the role of the capital, perhaps of a subgroup of the Bagienni, a Celtic-Ligurian population that settled before the arrival of the Romans in the city.

The name is also connected with the figure of Gneus Pompeus Strabo, a Roman politician and general, who in 89 BC granted Latin Rights to the communities in Transpadania through the Lex Pompeia de Transpadanis, which did not correspond to the immediate creation of an urban structure, but rather to the establishment of a place of gathering for the pre-urban community, of ‘market’ and of landing at the confluence of the Tanaro river and the Cherasca. In fact, Alba had its greatest economic and urban development in the first century AD, during which the city monumental layout was defined following the Romanization of the Tanaro Valley, a crucial point of connection between the Po Valley, the Alpine passes and the centres of Liguria. The settlement quickly adapted to the commercial flows, favoured both by the river communication system and by a dense land road network, as evidenced by the location of its port in the north-west of the city connected with the road axis which led to the Ligurian coast and, in particular, to Vada Sabatia/Vado Ligure through the Cadibona pass. Furthermore, together with the other two cities in the Tanaro basin, Pollenzo and Benevagienna, it formed the so-called ‘productive triangle’, which occupies a primary economic position in the Roman Piedmont: its main activities were viticulture, sheep and pig breeding, agriculture and timber exploitation of wooded areas.

A first element of particular interest is represented by the octagonal shape of the walls: this solution appears to be dictated, first of all, by practical and environmental needs, as it binds it well to the surrounding rural territory, connected by a dense radial road network that converges in the city core; moreover, it allowed an accentuated military defensibility of the site and greater protection from the frequent flooding of the neighbouring watercourses (Mandolesi, 2013). Five sides of the wall circuit are archaeologically documented: it had foundations in opus caementicium and elevated in opus vittatum mixtum (mixed structure of stone and brick with elements arranged according to horizontal planes) with double brick applications and original brick cladding, both on the external and internal front. It was also equipped with quadrangular towers, of which traces remain on the north side, located in correspondence with the main internal roads.

The city, whose surface was about 33 hectares, was accessed via three main entrance routes, corresponding to the three city gates, located one at the end of the maximum hinge, on the southern side of the walls (probably at the intersection of today’s Via Mazzini and Via Vittorio Emanuele II), and the other two at the ends of the maximum decumanus, on the western and eastern sides (difficult to identify). The northern side, on the other hand, probably did not host any access road if not an opening of secondary importance, due to the limited space that existed between the walls and the Tanaro.

Inside the walls, the intersection between the maximum hinge (main north-south axis, along today’s Via Vittorio Emanuele II) and decumanus maximum (main east-west axis, today’s Via Vida, Piazza Risorgiment, Piazza Pertinace) generated a series of orthogonal streets, which divided the urban space into 52 blocks, of which 34 square, with a side of 71 metres, 10 rectangular (71×58 m) in the western sector, 8 roughly triangular, corresponding to the diagonal sides of the walls. The smallest extension of the western sector, in which the insulae of smaller width, it was caused by the limitations imposed by the Tanaro, which lapped the walls to the west, and by the need to connect the maximum hinge with the main suburban road. The discovery of stretches of pavement and sewer network ducts made it possible to archaeologically recompose all the roads. All the roads found were 5.50 metres wide and equipped with wide gravel pavements of about 3 metres, for a total of 11.50 metres of roadway. The width of the sidewalks indicates the presence of arcades, probably consisting of slopes on brick or wooden pillars, of which there are traces represented by quadrangular bases, arranged at regular intervals of 3 metres, found in various points.

One of the first infrastructures that Alba was equipped with was the aqueduct: the constructive similarities of its remains with the 29 sections of emerged sewer pipes, dating back to the first half of the first century AD, testify to this. This would be a system after the first water system, of the Republican age, born in relation to the expansion of the city and, therefore, to an increased water requirement. It is believed that it was based on several water lines, or at least on a primary conduit correlated with secondary branches; mainly buried, however, it would have presented some sections set on arches, as evidenced by some pillars found, for example, between Piazza Savona and Via Vittorio Emanuele II and also in Corso Italia.

There are also indications of other public structures, such as the forum, the theater and a monumental complex, perhaps of a religious nature, while today there is no data on other buildings (basilica, curia) and on the amphitheater. In 1839, on the occasion of the excavations for the construction of two houses behind the Duomo, in piazza Rossetti (corner of via Vida), an area corresponding to the ancient insula XXI and to the north of the decumanus maximus, the discovery of what is considered as one of the most important Roman artistic documents of northern Italy is recorded: it is a large female head in marble, now kept in the Archaeological Museum of Turin, internally quarried and belonging to a cult statue of the end of the second century BC, made of different materials and placed inside a temple, the location of which is unknown. This discovery would also constitute an indication of the location of the forensic area, precisely as it comes from an area connected to the alleged area of the forum, of about 71 metres, where a brick floor perhaps pertaining to the pavement of the public square has emerged. The hypothesis would be supported not only by elements of ancient cartography, but also by the presence, in medieval times, of the city market in an area adjacent to it.

Architectural evidence from the insula XI (structures found below via Manzoni, which continue in walls identified coinciding with the church of S. Giuseppe) belong to a public complex referable to the theater, as evidenced, in particular, by the presence of two brick pillars connected to a wall curvilinear, which draws a semicircular space with a front of about 45 m. In fact, its curved shape would still seem to be taken up in some alignments of existing buildings; it also appears that in this area, between via Manzoni and via Como, next to the church of S. Giuseppe, there was the eighteenth-century theater of Alba, which later became the Perucca Theatre, suggesting a suggestive continuity of use in the area. Other important clues are represented by remains of paving in opus sectile, an ancient artistic technique that uses different marbles, marble cladding slabs, frames, friezes, fragments of capitals and a statue, bas-reliefs, a herm. The presence, in the neighbouring block to the south (insula XIX), of structures, presumably related to the porticus post scaenam (the arcaded area behind the scene), suggests a close connection between the forensic area and the entertainment area, which finds comparisons in many urban projects of the early imperial age, such as Augusta Bagiennorum (Benevagienna) and, still in the Cisalpine area, Brixia (Brescia). At the end of the first century AD the public space was enlarged with the insertion of a new forensic-religious complex near Via Cerrato, which, taking the place of a private residence, testifies to a subsequent phase of monumentalization of the city. This complex would have occupied almost the entire insula X, in connection with the area of the forum and with that of the theatre, from which it is separated by the maximum hinge. It is divided into a quadrangular area of approximately 49×50 m, bordered by a portico and characterized by a sequence of quadrangular and semicircular exedras. Identification with a templum Pacis, perhaps inspired by the one wanted by Vespasian for Rome to celebrate the end of the civil wars and the Jewish war (71 AD), which featured on one side a rectangular temple overlooking a garden surrounded by arcades.

As far as private construction is concerned, in the face of scarce attestations, the presence in the domus investigated heated rooms (in some cases, perhaps, referable to private baths), numerous fragments of mosaic flooring or in opus signinum (a technique that used cocciopesto as a waterproofing agent) and wall plasters attributable to the so-called III and IV Pompeian style, testify to the standard of living reached by the city in the first centuries of the Empire. Of particular interest is the wall decoration of ‘room B’, pertaining to the domus in via Acqui, where there is a figurative scene with a sea deer between two dolphins. The recognition of shops on the front of a house, located in via Gioberti, leads us to hypothesize that commercial and artisanal activities prevailed in the southern sector of the city, in contrast to the northern area, where the most prestigious residences seem to have been concentrated. The reason was identified in the close connection of the southern area with the agricultural areas and with the hills of the Langhe, while the situation in the northern area, which constitutes a sort of ‘rampart’; on the Tanaro valley, could have favored the settlement of richer classes due to the characteristics of greater tranquility, but also of an easy connection with the services of the public area (Filippi, 1997). Other important findings consist of funerary objects from the suburban necropolis, including those in via Rossini and S. Cassiano, located at the main entrances to the city.

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