La strage di Capaci: il sacrificio di Falcone in nome della legalità
Era un sabato quel 23 maggio del 1992 in cui Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta morirono ammazzati da Cosa Nostra. Si trattò di un attentato di stampo terroristico-mafioso, volto ad uccidere il magistrato palermitano Giovanni Falcone, da sempre in lotta contro l’illegalità e la mafia. Impegnato, negli ultimi anni della sua vita, nelle indagini di ricerca del latitante Totò Riina, Falcone aveva fatto parte di grandi operazioni antimafia, in Italia e all’estero: tra queste pizza connection, l’esperienza del pool antimafia e il maxiprocesso di Palermo.
La strage di Capaci
Il 23 maggio del 1992, Falcone atterrava all’aeroporto Punta Raisi di Palermo per il suo solito fine settimana in Sicilia, di ritorno da Roma. Il jet, partito da Ciampino intorno alle 16:45, atterrava dopo 53 minuti di volo. Ad attenderlo c’erano diversi agenti, tra cui la scorta, e l’autista con tre Fiat Croma blindate. Nel giro di pochissimi minuti sarebbe partito il corteo di auto: in testa la Fiat Croma marrone con gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani; al centro la Fiat Croma bianca con Giovanni Falcone (alla guida), la moglie Francesca Morvillo (accanto al marito) e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza (sul sedile posteriore perché, spesso, Falcone era solito guidare al ritorno da Roma); la terza auto, una Fiat Croma azzurra con gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo.
L’esplosione
Nel frattempo, Gioacchino la Barbera, uno dei mafiosi coinvolti, fiancheggiava le auto su una strada esterna, parallela alla corsia autostradale, per avvisare Giovanni Brusca, braccio destro di Riina, coordinatore dell’operazione e addetto ad azionare il detonatore. Le auto viaggiavano da pochi minuti sulla A29 in direzione Palermo, quando, all’altezza del bivio per Capaci, Brusca azionò il detonatore provocando l’esplosione di circa 500kg di tritolo.
La Fiat Croma marrone, investita in pieno dall’esplosione, venne sbalzata in aria, finendo in un uliveto ad alcune decine di metri di distanza. I tre agenti di scorta morirono sul colpo. La Fiat Croma bianca, invece, aveva rallentato perché Falcone era impegnato in una conversazione con Costanza. Non fu, quindi, investita in pieno dall’esplosione, ma andò a schiantarsi contro il muro di cemento e detriti appena creato. Giovanni e Francesca, senza cinture di sicurezza, furono scaraventati contro il parabrezza. Gli agenti sulla Fiat Croma azzurra, invece, riportarono ferite non mortali.
La morte della legalità
Erano le 17:57:48 del 23 maggio 1992. Giovanni Falcone sarebbe morto alle 19:05, in ospedale, tra le braccia di Paolo Borsellino. Alle 22, in sala operatoria, moriva anche Francesca Morvillo.
«Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e cammina a testa alta muore una volta sola» – Giovanni Falcone
L’Istituto Nazionale di Geofisica comunicava che si poteva stabilire il momento esatto dell’avvenuta esplosione poiché l’Osservatorio geofisico del monte Cammarata (AG) aveva registrato l’esplosione dai sismografi, a ben 106 chilometri di distanza da Capaci.
Un duro colpo alla legalità e alla giustizia italiana, che da lì a qualche mese avrebbero perso anche Paolo Borsellino negli attentati di Via d’Amelio.
Ma l’uccisione di Giovanni Falcone aveva invece scatenato un fenomeno mediatico volto a risvegliare le coscienze a lungo sopite degli italiani, un risveglio rafforzato dalla rabbia nei confronti della mafia assassina (anche di Borsellino). E, sebbene si sia ancora, purtroppo, ben distanti dall’estirpare definitivamente il cancro che sgretola la nostra terra, un moto di ribellione sempre più forte ha portato, negli anni, a innumerevoli arresti e condanne. Tra questi anche quelli di Salvatore Riina, nel 1997, condannato all’ergastolo e morto nel novembre del 2017 nel reparto detenuti dell’Ospedale Maggiore di Parma.
La vita della legalità
Proprio il 23 Maggio, in ricordo di Giovanni Falcone e di Francesca Morvillo, ricorre la Giornata della Legalità, nel nome della quale hanno dedicato e sacrificato le proprie vite. Molte le iniziative previste per onorarne la memoria (insieme anche a quella degli agenti di scorta). A Palermo si svolgono diverse manifestazioni che vedono anche il coinvolgimento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La cerimonia istituzionale solenne si tiene, come ogni anno, nel carcere dell’Ucciardone, nell’aula bunker protagonista del maxiprocesso. Altre iniziative in tutta la Sicilia e nel resto del Paese.
Così come in occasione del ricordo di Peppino Impastato ai tempi del Covid, molte sono anche le iniziative online, tra cui quella promossa da Wikimafia che consiste nella raccolta di foto e video dei partecipanti contenenti frasi del magistrato. L’amministrazione di Monreale, alle porte di Palermo, ha invitato, inoltre, i cittadini a compiere un gesto simbolico: spegnere le luci delle proprie abitazioni alle 21 del 23 maggio, affacciandosi alle finestre e ai balconi con una candela, per ricordare il sacrificio di tutte le vittime di mafia. L’iniziativa partirà dallo stesso Palazzo di Città.
«La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine» – Giovanni Falcone