13 dicembre 1250, muore lo “stupor mundi” Federico II
L’evento
Il 13 dicembre 1250 moriva, a Fiorentino di Puglia, Federico II di Svevia. Costui viene ricordato come l’ultimo imperatore del Sacro Romano Impero. Dopo la sua morte, infatti, non ci fu più un impero né tantomeno un imperatore. La sua influenza fu tale che il figlio, Manfredi, lo definì “il sole del mondo, dei giusti. L’asilo della pace.”
Giovinezza
Federico II nacque a Jesi, nelle Marche, il 26 dicembre 1194, dal matrimonio tra Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II re di Sicilia, ed Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa. Dalla madre ereditava così il regno di Sicilia e dal padre l’Impero. Nel 1198, a distanza di un anno l’uno dall’altra, morirono entrambi i genitori e la sua educazione fu affidata a papa Innocenzo III. Egli crebbe presso la corte siciliana, venendo a contatto con la cultura dinamica del regno.
La politica e le scomuniche
Nel 1208, raggiunta la maggiore età, divenne a pieno titolo Re di Sicilia e nel 1215 venne incoronato Imperatore da papa Onorio III, a seguito della morte degli altri pretendenti. Per quel che riguarda la Sicilia, egli unificò il regno e rafforzò la monarchia attraverso alcuni provvedimenti: combatté contro i baroni troppo autonomi, attuò una riorganizzazione del diritto e della cultura, liberandola dagli influssi saraceni, e deportò in Puglia gli ultimi musulmani rimasti. Parallelamente, l’alleanza tra papato ed impero si incrinò poiché entrambi volevano il potere assoluto, sia temporale che spirituale.
Le lotte che iniziarono tra le due istituzioni sfociarono in ben due scomuniche ai danni di Federico II da diversi papi: Gregorio IX e Innocenzo IV. La prima volta, il 23 marzo 1228, perché non mantenne la promessa di una sesta crociata in Terrasanta, voluta da Onorio III. Per ritornare nelle grazie del papa, nonostante la scomunica, partì lo stesso verso la Terrasanta e, nel 1229, si fece incoronare Re di Gerusalemme. La seconda scomunica la ottenne nominando suo figlio Ezio Re di Sardegna. Tale possedimento, in realtà, apparteneva al papa. L’imperatore venne scomunicato durante la Settimana Santa e, per evitare la conferma del provvedimento, Federico II arrivò a prendere in ostaggio i cardinali che avrebbero dovuto partecipare al consiglio indetto dal papa.
I tentativi di annessione dei Comuni
L’imperatore si trovò ancora ad affrontare altri nemici della corona: i Comuni italiani. Difatti, Federico voleva annettere l’Italia ai domini imperiali ma ciò contrastava con l’indipendenza ottenuta dai Comuni, oltre che con gli interessi papali. I Comuni decisero di ricreare la cosiddetta Lega Lombarda, costituita da Milano, Bologna, Piacenza, Mantova, Lodi, Bergamo, Torino e Padova, per opporsi a Federico II e lottare per la libertà che avevano acquisito già sotto Federico Barbarossa. Nemmeno in Germania l’imperatore ebbe un appoggio; anzi, emersero delle spinte centrifughe che portarono all’affermarsi dei signori locali tedeschi e ben poco poté fare Federico per evitare che il potere imperiale si sgretolasse. Gli scontri contro i Guelfi, ormai alleati dei comuni e appoggiati dal papa, segnarono la fine di Federico II nel 1250.
Lascito federiciano
Federico II, definito dai suoi alleati stupor mundi e anticristo dai suoi nemici, fu, in realtà, un grande uomo di cultura. Grazie alla sua azione venne fondata la prima università laica a Napoli nel 1224, in contrapposizione all’Università di Bologna di stampo religiosa, e inoltre venne costruito nel 1240 uno dei castelli più suggestivi al mondo, ovvero Castel del Monte. La fortezza, un prezioso esempio di architettura gotica, romanica e araba, unica nel suo rigore matematico ed astronomico, si trova in Puglia e a partire dal 1996 fa parte dei beni dichiarati Patrimoni dell’umanità dell’Unesco.
La scuola poetica siciliana
La sua iniziativa, però, non si limitò soltanto a questo. Egli, infatti, fu il fondatore della Scuola poetica siciliana nel 1230, da cui deriva il volgare italiano. Questa si incentrò sull’attività dei funzionari imperiali incentivati dallo stesso imperatore, come Giacomo da Lentini, Guido delle Colonne, Cielo d’Alcamo, l’autore di Rosa fresca aulentissima, e Pier delle Vigne, che viene citato addirittura da Dante nella Commedia, precisamente nel XIII canto dell’Inferno tra i suicidi, dopo essere stato accusato ingiustamente di tradimento.
Lo scopo era quello diffondere il volgare italiano, in particolar modo il siciliano, ispirandosi alla lirica cortese dei trovatori; infatti, la produzione poetica della Scuola siciliana costituì la prima produzione lirica in volgare e soprattutto del componimento noto come sonetto. Ma non solo, l’attività poetica dei siciliani anticipò anche alcuni tratti stilistici che furono tipici dello Stilnovismo toscano.